Gesù abbandonato nel Movimento dei focolari: un contributo per la comunione ecclesiale e per la nuova evangelizzazione

 

Gesù crocifisso e abbandonato:chiave della comunione ecclesiale

di Natalia Dallapiccola

 

L’autrice, che è la prima compagna di Chiara Lubich, ricorda ai convegnisti cosa ha rappresentato fin dagli inizi del Movimento dei focolari la scoperta di Gesù crocifisso e abbandonato, non solo per la loro vita cristiana ma anche per presentare in modo efficace Dio al mondo contemporaneo.

Chiara, questa mattina, ci ha lanciato nella nuova evangelizzazione e ci ha ricordato, sulla traccia del pensiero di Giovanni Paolo II, come tutti i cristiani, tutto il popolo di Dio sia chiamato ad evangelizzare e come noi dei Movimenti ecclesiali lo siamo in modo particolarissimo.

Nell’orizzonte di ampio respiro che ha poi aperto sulla nuova evangelizzazione, in un continuo confronto con il pensiero e le parole del Papa, ha esposto, in questa prospettiva, la vita e la spiritualità del Movimento dei focolari, perché, diceva, «pur amando e stimando parecchi Movimenti, posso dire qualcosa con competenza solo di quello che ho visto nascere e crescere»*.

Io proseguirei sulla scia di Chiara perché, essendo stata accanto a lei e con lei fin dai primi giorni di questa straordinaria avventura, posso testimoniare l’opera di Dio, l’azione dello Spirito Santo che ha trasformato un granellino di senape (quale era il piccolo gruppo di noi prime focolarine con Chiara) in un grande albero che ha oggi ramificazioni che si estendono sul mondo intero.

La scoperta di Gesù abbandonato

Vorrei far loro scoprire, attraverso l’esperienza di questi anni, la radice di questo albero, il fondamento su cui poggia la costruzione di quest’Opera, la chiave, il segreto che compone e ricompone la comunione fra noi, nella Chiesa, nell’umanità in cui viviamo, chiave che noi consideriamo, a pieno titolo, la “sorgente” della nuova evangelizzazione.

È il segreto che ha fatto dire a Chiara un giorno: «Se quelli che hanno dato inizio al Movimento non avessero avuto Lui nelle prove della vita, l’unità non ci sarebbe, a meno che Dio non avesse voluto suscitarla uguale in altri posti»1.

Ma chi è questo “Lui” di cui parla Chiara, questo Unico che ha dato a lei e a tutti noi forza e luce nel cammino di questi quasi 60 anni di vita del Movimento? È Gesù crocifisso e abbandonato.

«Se noi guardiamo agli inizi della nostra storia vediamo che, ancor prima di avere idee sul modo di realizzare l’unità, che è il nostro ideale, la magna charta del Movimento, lo Spirito Santo ci ha proposto un modello, una figura, una vita: Gesù crocifisso e abbandonato.

La sua realtà, la comprensione di Lui hanno preceduto, anche nel tempo, ogni altra considerazione.

Se infatti riteniamo, con ragione, il 7 dicembre del ‘43 (data della consacrazione a Dio di Chiara) l’inizio della nostra storia, il 24 gennaio del ‘44 Gesù abbandonato si era già presentato alla nostra mente e al nostro cuore».

Chi è Gesù abbandonato per noi?

Per capirlo occorre che vi narri un episodio dei primi tempi del Movimento che, in parte, lascio raccontare a Chiara.

Andavamo a trovare i poveri. Un giorno, una mia compagna – dice Chiara – pulendo e sistemando la misera stanza di una vecchietta, s’era presa un’infezione al volto, che era ora coperto da piaghe; perciò non poteva uscire di casa.

Io ero andata a trovarla in un giorno molto freddo e, poiché lei aveva desiderato fare la santa Comunione, avevamo pensato di chiamare a casa un sacerdote perché gliela portasse. Così è stato.

Il sacerdote, prima di ripartire, ci ha chiesto: «Sapete qual è stato il più grande dolore di Gesù?».

Noi pensavamo, secondo la mentalità comune dei cristiani di allora, nell’orto degli ulivi.

Ma il sacerdote ha affermato: «No, Gesù ha sofferto di più quando in croce ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”».

E, detto questo, se n’è andato.

Impressionate profondamente da quelle sue parole, sicure che quella fosse la verità perché detta da un ministro di Dio, per la nostra giovane età, per l’entusiasmo di vivere un cristianesimo vivo e autentico, ma soprattutto per la grazia di Dio, abbiamo avvertito in cuore una grande spinta a seguire Gesù proprio così nella nostra vita.

«Per cui, appena rimaste sole, continua Chiara, ho detto alla mia compagna: “Abbiamo una vita sola, spendiamola meglio che possiamo! Se il più grande dolore di Gesù è stato l’abbandono da parte del Padre suo, noi seguiremo Gesù abbandonato”»2 .

Una scelta unica e radicale.

«L’incontro con quel sacerdote era la risposta che Dio dava ad una nostra preghiera, quando, affascinate dalla bellezza del suo Testamento, noi, prime focolarine, tutte unite, avevamo chiesto a Gesù, nel Suo nome, d’insegnarci a realizzare l’unità, per la quale aveva pregato il Padre prima di morire. E in questi 58 anni di vita del Movimento, abbiamo sempre sperimentato che ciò che dà la possibilità di attuare l’unità è proprio l’amore a Gesù crocifisso e abbandonato».

Da quel giorno la scelta di Dio, che aveva caratterizzato il primo passo della nuova vita, si precisava: scegliere Dio, che avevamo scoperto Amore, per noi significava scegliere Gesù abbandonato, viva dimostrazione dell’amore di Dio qui in terra.

Gesù abbandonato «è il vertice dell’amore»3, scriveva Chiara i primi anni. In Lui «è tutto l’amore di un Dio»4.

Quando Gesù abbandonato «soffrì, tolse da Sé l’Amore e lo donò agli uomini facendoli figli di Dio. (…) Gesù si fece Nulla; donò tutto e questo tutto non andò perduto ché andò nell’anima degli uomini»5.

Gesù abbandonato si “svuota” di Dio (cf Fil 2,7), se così si può dire, si priva della sua condizione divina e ne fa dono agli uomini che, «fatti partecipi della sua Divinità, fatti dal suo Amore simili a Lui», possono dirsi – e lo sono realmente – figli di Dio.

Gesù abbandonato è divenuto presto il nostro tutto. La sua chiamata è stata forte e decisiva. L’amore per Lui era esclusivo, non permetteva compromessi.

Scriveva Chiara in una lettera di quel tempo:

«Dimentica tutto, (…) anche le cose più sublimi; lasciati dominare da una sola Idea, da un solo Dio, che ha da penetrare ogni fibra del tuo essere: da Gesù crocifisso. (…) Lui deve essere tutto per te»6.

«Oh! se quel volto divino contratto dallo spasimo, quegli occhi arrossati, ma che (ti) guardano con bontà, dimenticando i peccati miei e tuoi, che l’hanno così ridotto, fossero sempre davanti al tuo sguardo!»7.

«Abbiamo incominciato a vederlo dappertutto: si presentava con i volti più diversi in tutti gli aspetti dolorosi della vita.

«Ogni nostro dolore ci appariva un suo volto da amare e volere per essere con Lui, come Lui, e dare anche noi, in unione con Lui, con la nostra sofferenza amata, la vita a noi e a molti.

«Lo vedevamo e lo amavamo in ogni fratello sofferente. Con Lui le persone si trasformavano e il non senso del dolore acquistava senso.

«Gesù abbandonato l’abbiamo amato specialmente nei peccatori. Egli, fattosi peccato seppur non peccatore, per tutti noi, era il punto di contatto con chiunque si chiama uomo.

«Si pensava: essendo stato abbandonato da tutti, ognuno al mondo può dire: è mio. È mio perché nessuno lo vuole: rifiuto del mondo e del Cielo.

«E Gesù abbandonato appariva veramente la perla preziosa per tutti gli uomini che, in fondo, sono (siamo) tutti peccatori.

«Lo scoprivamo nello sforzo che costano le virtù; nelle piccole e grandi disunità da ricomporre; nella non perfetta unità della Chiesa; nella frammentarietà delle religioni; nella non credenza; nei sofferenti di ogni genere; nelle circostanze avverse; negli imprevisti…, dovunque.

«Il Movimento porta con sé una ricchissima esperienza con la quale dimostra come i dolori di ognuno di noi, specie quelli spirituali, siano riassunti in questo particolare dolore di Gesù.

«Non è simile a lui l’angosciato, il solo, l’arido, il deluso, il fallito, il debole…? Non è immagine di lui ogni divisione dolorosa tra fratelli, fra le Chiese, fra brani di umanità con ideologie contrastanti? Non è figura di lui il mondo ateizzante, laicista?

«Amando Gesù abbandonato noi troviamo il motivo e la forza per non sfuggire questi mali, ma per accettarli, consumarli e portarvi il nostro personale rimedio.

«Gesù abbandonato è ancora il modello di chi deve fare l’unità con i fratelli. Infatti io non posso entrare in un altro spirito se il mio è ricco. Per amare un altro fratello devo farmi costantemente tanto povero di spirito da non possedere se non amore. E l’amore è vuoto di sé.

«Gesù abbandonato è il modello perfetto di un povero di spirito: è così povero che non ha nemmeno Dio, per così dire. Non lo sente.

«E ancora è il modello perfetto di chi deve perdere la propria anima in Dio; di chi, per esempio deve rinunciare alle proprie idee, o anche alle ispirazioni della grazia, per sottometterle ai propri superiori. È quindi il modello di vera unità con chi ci rappresenta Dio. E potrei continuare all’infinito…

I frutti di Gesù abbandonato

«Più amavamo Gesù abbandonato, più comprendevamo qualcosa del mistero dell’unità operata da Gesù in croce.

«Ci eravamo messe come tanti legni incrociati per essere accesi e bruciati da Gesù fra noi.

«Il calore mantenuto e accresciuto si era diffuso, così che molte persone, venute a contatto con noi, erano convinte d’aver trovato Dio.

Si moltiplicavano le conversioni.

«Quella luce, quella gioia, quella pace particolari, fiorite dal dolore amato, colpivano e scioglievano anche le persone più difficili. Si sperimentava che, inchiodati in croce, si era madri e padri di anime. La vita in unità con Gesù abbandonato aveva quindi come effetto la massima fecondità.

«Si è andata così formando, fin dai primi mesi, la comunità con Cristo in mezzo a tutti».

Maestro d’unità

Nell’abbandono Gesù è dunque maestro di unità, di quell’unità chiesta da Lui al Padre: «Che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21).

Il Papa, nella sua Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, definisce il grido di Gesù sulla croce come la preghiera del Figlio che soffre questo tremendo senso di abbandono, di separazione dal Padre, per riunire tutti gli uomini a Dio, staccati come erano dal peccato, e per riunire gli uomini fra loro.

Dice infatti il Papa: «Non finiremo mai di indagare l’abisso di questo mistero. È tutta l’asprezza di questo paradosso che emerge nel grido di dolore, apparentemente disperato, che Gesù leva sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. È possibile immaginare uno strazio più grande, un’oscurità più densa?», si chiede il Papa. E, più avanti risponde: «Il grido di Gesù sulla croce, non tradisce l’angoscia di un disperato, ma la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre nell’amore, per la salvezza di tutti. Mentre si identifica col nostro peccato, “abbandonato” dal Padre, egli si “abbandona” nelle mani del Padre»9 .

Scrive Chiara: «Quella divina piaga spirituale che gli si è aperta in cuore, quando anche il Cielo fu chiuso per Lui, non è forse una porta spalancata, attraverso la quale l’uomo può finalmente unirsi a Dio e Dio all’uomo?»10.

«Gesù è il Salvatore, il Redentore, e redime quando versa sull’umanità il Divino attraverso la Ferita dell’Abbandono che è la pupilla dell’occhio di Dio sul mondo: un Vuoto Infinito attraverso il quale Dio guarda a noi: la finestra di Dio spalancata sul mondo e la finestra dell’umanità attraverso la quale si vede Dio»11 .

«Gesù abbandonato ha dunque riunito ciò che era separato. Ecco perché questo misterioso dolore dell’abbandono di Gesù è sempre parso a noi legato proprio all’unità. Gesù aveva fatto tutta la sua parte. Ci aveva redenti e riuniti in una sola famiglia. Toccava a noi ora corrispondere a questa grazia e fare la parte nostra.

Dona la pace e ricostruisce l’armonia

«Tutti conosciamo, almeno un po’, le divisioni, le disarmonie, gli abbandoni in noi e fuori di noi.

«Chi non si sente, in qualche modo, separato da Dio quando un po’ d’oscurità invade la sua anima? Chi non ha provato dubbi, perplessità, turbamenti, disorientamento? Tutte queste prove ci ricordano Gesù proprio nel suo abbandono, che, in croce dubitò, fu perplesso, chiese “perché?”.

«Ed allora, quando noi sentiamo qualcuno di questi dolori, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo pensare così: “Questa sofferenza mi ricorda Lui; io sono un po’ come Lui. Ma non voglio fermarmi. Come Lui abbraccio questa prova: la voglio, amo in essa Lui, Gesù abbandonato.

«E spesso ci si accorge che, facendo in tal modo e continuando poi ad amare, quel dolore scompare e ritorna la pace.

«Anche le piccole comunità in cui viviamo, le case, i nostri centri, l’ufficio, la scuola, il seminario, la parrocchia…, possono conoscere piccole o grandi divisioni che fanno tanto soffrire. Anche lì possiamo riconoscere la presenza di Gesù abbandonato e, per suo amore, essere in grado di superare personalmente quel dolore in noi, e fare di tutto per ricomporre l’unità con gli altri.

«Per chi poi è chiamato a realizzare l’unità, come nel caso nostro, Gesù abbandonato, che si riabbandona al Padre, è Colui che ci aiuta a ricomporla con i fratelli ogni volta che venisse rotta.

«Può succedere che si sia già provata quella gioia piena, quella pace, quella luce, quell’ardore, tutti quei frutti dello Spirito che il Comandamento Nuovo messo in pratica produce.

«Può essere, per esempio, che si conosca già cosa comporti la presenza di Gesù fra due o più uniti nel Suo nome, e si sia sperimentato quale altissimo senso essa dia alla nostra esistenza, anche nei suoi minimi particolari: come abbia illuminato circostanze, cose e persone.

«Ma ad un tratto, ecco che un atto di superbia, di orgoglio, un moto d’egoismo proveniente dall’una o dall’altra parte, ci fa ripiombare in una esistenza simile a quella che si conduceva prima di conoscere più pienamente Gesù, esistenza spesso senza calore e colore, o peggio ancora. Il disagio allora invade l’anima: sembra che tutto perda senso; non si comprende il perché del cammino intrapreso. Manca il più: manca Lui in mezzo a noi, che aveva resa piena la nostra vita e colma la nostra gioia. È come se il sole soprannaturale tramontasse».

Cosa fare allora?

Diceva Chiara, rispondendo alla domanda di un focolarino:

«In quell’attimo che tu senti questa cosa che ti tormenta, cosa devi fare? Tu hai imparato che questa cosa che ti tormenta è un dolore, e il dolore è sempre sacro, è sempre prezioso, gradito a Dio, è solo il peccato che va scartato.

«Allora cosa devi fare? Non è che devi dire: abbraccio Gesù abbandonato in fretta e furia, così mi passa e vado avanti, continuo a lavorare, non parlo con nessuno… Tu devi andare in fondo al tuo cuore, mettere la tua anima in contatto con Dio che sta in fondo al tuo cuore, e lì bisogna patteggiare e dirgli: “Ecco, Signore, questo sei Tu, sono felice. Questo voglio perché questo ho scelto, sei Tu”. Magari gli altri sentimenti non lo vorrebbero, ma la volontà sì.

«Poi si deve vivere l’attimo seguente. E in quell’attimo non occorre offrire il dolore tante volte, basta offrirlo una volta sola, ma direttamente a Lui. E nell’attimo seguente dovrai lavorare, dovrai pregare, dovrai fare un atto di carità, dovrai fare qualche cosa. Devi cioè metterti a fare con tutto il cuore quello che segue, come per esempio amare i fratelli.

«Allora si sperimentano le parole della Scrittura: “Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato i fratelli”12 .

«E Gesù torna fra noi e con Lui di nuovo la forza e la felicità»13 .

È l’esperienza dell’amore di Dio, che non si lascia vincere in generosità e trasforma, per un’alchimia divina, il dolore in amore.

E «come mai avviene questo? – si chiede Chiara –. Vedete, dice, nella passione di Gesù, quando il Vangelo dice che Gesù sulla croce “spirò”, molti commentano che questo “spirò” non ha solo il significato di morire, ma che Gesù ha spirato lo Spirito Santo. Quindi lo Spirito Santo è legato alla morte di Gesù», la morte di Gesù ha effuso lo Spirito Santo nella nuova creazione che è la Chiesa.

«Quando, come Gesù, anche noi diciamo che vogliamo quel patire, perché è Gesù abbandonato, e lo accettiamo come lo ha accettato Gesù, anche per noi viene la seconda fase: lo Spirito Santo; e quello che noi sentiamo nel nostro cuore di bello, di libero, di amore, ma un bell’amore, che si sente, è effetto dello Spirito Santo.

«È così. La croce abbracciata bene, fino in fondo, e poi buttarsi fuori ad amare, fa venire nel cuore, fa “esplodere” nel cuore lo Spirito Santo»14.

«Io ho questa impressione, dice sempre Chiara parlando ai focolarini, che l’aver scoperto Gesù abbandonato è come aver scoperto un pozzo di petrolio. Gesù abbandonato è un pozzo di Spirito Santo. Non so come spiegarmi bene, ma da quello che so, da quello che ho sperimentato, da quello che ho capito, mi sembra che amare Gesù abbandonato e aver l’anima piena di Spirito Santo è un tutt’uno».

Un giorno è stato chiesto a Chiara: «Ma come fai ad amare sempre Gesù abbandonato?».

Lei ha risposto: «Io lo amo perché lo amo. Cioè quando arriva, lo amo.

«E sapete cosa succede? – questo è un segreto che vi svelo –: succede che quando lo si ama, lo si ama sul serio…, a forza di amarlo, sei innamorato di Lui solo. Ma non perché ami qualcosa di astratto e ami un dolore, che non è amabile il dolore. Ma perché a forza di amare Gesù abbandonato acquisti l’abitudine, che è la virtù, e passi immediatamente dall’accettazione, che è un atto di volontà, all’amore. Tradotto in amore, trovi in fondo all’anima Dio, Lui Amore, e allora ami l’Amore.

«Ecco, io lo amo perché lo amo. Lo amo perché mi ha innamorata, per questo lo amo.

«Solo che per arrivare a questo, bisogna dapprima amarlo con la volontà, e tanto, da arrivare all’abitudine di non vedere che Lui, di non amare che Lui, di non sentire che Lui. Dapprima bisogna spaccare la propria volontà, accettare tutti i dolori, soprattutto quelli che non avresti mai pensato. Sono tutti volti di Gesù abbandonato, quello che noi abbiamo scelto.

«Dopo, quando hai sacrificato tutto, Dio ricompone le cose, e hai la gioia di trovarlo»15.

Essenza della spiritualità dell’unità

Ecco cos’è stato e continua ad essere per noi Gesù abbandonato. Tutta la storia della nostra Opera si può dire legata indissolubilmente a Lui, un tutt’uno con Lui, quasi fosse la storia dell’amore di Chiara e di ciascuno di noi per Lui abbandonato.

Gesù abbandonato, il Dio di oggi, è l’essenza della nostra spiritualità collettiva, comunitaria; è il cuore pulsante della comunione ecclesiale che, «se praticata, può fruttare, come il Papa desidera, la più ricca evangelizzazione. Perché vivere così è mettere in atto quella spiritualità di comunione che ci fa testimoni di Cristo, che mostra cos’è il cristianesimo. Spiritualità che, fra il resto, se vissuta, dà un’immensa gioia!».

Prima di programmare...

Il Papa, nel suo straordinario e ricchissimo dono che è la Novo Millennio Ineunte, dopo aver presentato il “grido” di Gesù abbandonato come fonte della comunione degli uomini con Dio e fra di loro, parla proprio della necessità oggi che tutta la Chiesa viva una “spiritualità di comunione”, e la viva a tutti i livelli.

Egli vuole che si faccia «della Chiesa la casa e la scuola della comunione» per «essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo».

Il Papa si domanda che cosa significa questo in concreto, e risponde: «Anche qui il discorso potrebbe farsi immediatamente operativo, ma sarebbe sbagliato. (…) Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano. (…)

«Spiritualità della comunione significa (…) capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, (…) per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze (…), capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, (…) saper ‘fare spazio’ al fratello (…), respingendo le tentazioni egoistiche che (…) generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie.

«Non ci facciamo illusioni, continua il Papa: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione»16.

«Gli spazi della comunione – dice ancora il Papa – vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra Vescovi, presbiteri e diaconi, tra Pastori e intero Popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti ecclesiali»17.

Ecco, carissimi sacerdoti, quanto desideravo dire.

Posso testimoniare che Gesù abbandonato opera miracoli di grazia in chi decide di sceglierlo in modo esclusivo e può fare di noi i “protagonisti” della Chiesa del terzo millennio.

Prima di lasciarvi, vorrei leggervi il saluto che Chiara ha dato, non molto tempo fa, a Bratislava, a tutti i nostri del Movimento in Slovacchia, dopo aver risposto alle loro domande.

Lei diceva:

«Guardate, sinceramente, se noi nel nostro Movimento, siamo potuti arrivare a 182 nazioni, che praticamente vuol dire a tutte, è perché abbiamo amato Gesù abbandonato in tutti gli ostacoli.

Quando trovavamo un ostacolo, quando trovavamo una divisione, non è che ci ritiravamo, ma l’ostacolo era per noi una pedana di lancio, perché amavamo Gesù abbandonato.

Seguiamolo, seguiamolo, amiamolo! e con Lui superiamo tutto!»18 .

 

a cura di Natalia Dallapiccola

 

 

1)   Ch. Lubich, Il grido, Roma 2000, p.49.

2)   ID., cf L’unità e Gesù abbandonato, discorso tenuto a Bratislava, 12.5.01.

3)   ID., Lettera, 30.1.44, in L’Unità e Gesù Abbandonato, Roma 1994, p.59.

4)   ID., Lettera, 7.6.44, in L’Unità e Gesù Abbandonato, cit., p.59.

5)   ID., Scritto del 49, in “Nuova Umanità” 117-118, p. 405.

6)   ID., Lettera, 21.7.45, in L’Unità e Gesù Abbandonato, cit., p.54.

7)   ID., Lettera, 30.1.44, in L’Unità e Gesù Abbandonato, cit., p.55.

8)   Novo millennio ineunte, 25.

9)   Ibid., 26.

10) Ch. Lubich, L’uomo del dialogo, in Città Nuova, 26 (1982), 10, p.26.

11) ID., Scritto del 49, in “Nuova Umanità” 117-118, pp.405-406.

12) Cf 1 Gv 3,14..

13) Ch. Lubich, Risposte, Ala di Stura, 12.8.63.

14) ID., Discorso a Santiago de Compostela, 22.8.89.

15) ID., Risposte alle focolarine, Grottaferrata, 2.1.60.

16) Novo millenio ineunte, 43.

17) Ibid., 45.

18) Ch. Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, discorso tenuto a Bratislava, 12.5.01.