Il contributo del Movimento dei focolari

 

La nuova evangelizzazione

di Chiara Lubich

 

L’annuncio della “buona novella”, iniziato con la predicazione di Gesù e degli Apostoli, è continuata ininterrotta nei secoli, compenetrando e trasformando le varie civiltà. Ma nei momenti di grandi cambiamenti storici, quando anche la Parola di Dio può sembrare sorpassata e impotente, Dio manda nella sua Chiesa persone carismatiche, che con la loro testimonianza fanno tornare di moda il Vangelo e ravvivano nel mondo la speranza di un futuro migliore. Non sarà questo, oggi, il contributo speciale dei Movimenti ecclesiali?

Un saluto e un augurio

Distinte autorità ecclesiastiche,
reverendi e cari sacerdoti!

Anzitutto un saluto a tutti loro, qui presenti, e un augurio di giorni felici nell’attuale incontro, espressione della primavera della Chiesa, che già avanza.

Il mio presente intervento, nel contesto del Convegno di oggi, sul tema: “I Movimenti ecclesiali per la nuova evangelizzazione”, porta il titolo: “La nuova evangelizzazione con particolare riferimento all’esperienza del Movimento dei focolari”. Potrò svolgerlo in tre momenti.

Riferirò anzitutto il pensiero di Giovanni Paolo II sulla “nuova evangelizzazione”. Cercherò poi di vedere se il Movimento dei focolari, così come, penso, gli altri Movimenti e Comunità ecclesiali, possono realmente dirsi: vero dono di Dio per la “nuova evangelizzazione”, come lo stesso Santo Padre afferma. Nel terzo momento offrirò un esempio concreto di “nuova evangelizzazione”.

La “nuova evangelizzazione”
nel pensiero del Papa

Il Santo Padre usa per la prima volta l’espressione “nuova evangelizzazione” nel 1983, quando annuncia una «evangelizzazione: nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni»1.

Nel 19882 spiega queste caratteristiche e dice che l’evangelizzazione sarà nuova nel suo ardore se, man mano che procede, cresce, in chi la promuove, l’unione con Dio.

Sarà nuova nei metodi, se attuata dall’intero popolo di Dio. Sarà nuova nella sua espressione, se sarà conforme a ciò che lo Spirito suggerisce.

Il primo annuncio, poi, che – secondo il Santo Padre – questa evangelizzazione dovrà dare, sarà questo:

«L’uomo è amato da Dio! (...) La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te...»3.

Perché – continua – «l’evangelizzazione è lo sforzo della Chiesa di proclamare a tutti che Dio li ama, che ha offerto la propria vita per loro in Cristo Gesù e che li invita a una vita eterna di felicità»4.

«Questa nuova evangelizzazione – inoltre – rivolta non solo alle singole persone ma anche ad intere fasce di popolazioni (...), è destinata – secondo il Papa – alla formazione di comunità ecclesiali mature. (...)

«I laici – aggiunge – hanno la loro parte da compiere nella formazione di simili comunità ecclesiali, non solo con la loro insostituibile testimonianza (la consecratio mundi attraverso i vari ambiti umani), ma anche con l’azione missionaria verso quanti ancora non credono o non vivono più la fede ricevuta con il battesimo»5.

Tutte indicazioni queste che il Santo Padre dà per una evangelizzazione veramente nuova, come la seguente, assai importante:

«Non si può – secondo lui – evangelizzare, se prima non si evangelizza se stessi, se non si è personalmente oggetto di evangelizzazione»6.

E spiega: «Nutrirci della Parola, per essere “servi della Parola” nell’impegno dell’evangelizzazione: questa è sicuramente una priorità per la Chiesa all’inizio del nuovo millennio»7, perché «soltanto un uomo trasformato (dalla) legge d’amore di Cristo (colta dal Vangelo) può operare una vera metánoia [= conversione] dei cuori e della mente di altri uomini, dell’ambiente, della nazione o del mondo».

E continua: «La trasformazione (dell’uomo) diventa (così) fonte della testimonianza attesa dal mondo. Essa si riassume prima di tutto (nell’amore al prossimo) nelle opere di misericordia»8.

Il Santo Padre concentra quindi la rievangelizzazione personale nella pratica dell’amore, in cui sta tutta la Legge e i Profeti. Amore, che egli intende vissuto dal singolo, ma anche reciproco fra più persone.

Sappiamo, infatti, che egli, pochi mesi fa, nella Novo millennio ineunte, ha riassunto il dovere della formazione evangelica di ogni cristiano, nell’attuazione del Comandamento Nuovo. Ed ha invitato tutto quel popolo, che aveva, fin dal 1983, chiamato alla “nuova evangelizzazione” (da coloro che sono al vertice dell’istituzione della Chiesa fino all’ultimo fedele), alla doverosa “spiritualità di comunione” che ne nasce. Spiritualità di comunione che il Santo Padre vede possibile se tutti hanno di fronte a loro, come modello, come “chiave” della comunione il volto dolente di Gesù crocifisso e abbandonato.

Proprio all’amore reciproco, del resto – aggiungiamo noi – guardavano i primi cristiani per rivelare Cristo al mondo e cioè per evangelizzare: «Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (cf Gv 13,35).

Sarà l’amore reciproco, poi, sarà una “spiritualità di comunione” vissuta, che offrirà la possibilità di quella santità che il Santo Padre vede pure necessaria alla evangelizzazione:

«Come e ancor più che per le verità di fede – afferma –, la nuova evangelizzazione (...) manifesta la sua autenticità, e nello stesso tempo sprigiona tutta la sua forza missionaria, quando si compie attraverso il dono non solo della parola annunciata, ma anche di quella vissuta. In particolare (...) la vita di santità»9.

Ed eccoci alla Parola detta. È suo pensiero che «la nuova evangelizzazione, come quella di sempre, sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto nell’intimità con il Signore»10.

«Occorre riaccendere in noi – dice – lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall’ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste»11.

E commenta come oggi stanno le cose: «È ormai tramontata nei Paesi di antica evangelizzazione, la situazione di una “società cristiana”, che, pur tra le tante debolezze che sempre segnano l’umano, si rifaceva esplicitamente ai valori evangelici. Oggi si deve affrontare (...) una situazione che si fa sempre più (...) impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo e mutevole intreccio di popoli e culture che la caratterizza. (...) Dobbiamo (quindi) rivivere in noi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16)»12.

E infine si dice convinto – è il concetto già intravisto – che i Movimenti ecclesiali «rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l’attività missionaria propriamente detta»13.

Così il Papa.

Una verifica guardando
al Movimento dei focolari

Siamo così arrivati al secondo momento.

Se il Santo Padre afferma che i nostri Movimenti e le Nuove comunità ecclesiali sono un dono alla Chiesa per la “nuova evangelizzazione”, dobbiamo credergli. Egli ci conosce bene.

A me ora sta tentare questa verifica analizzando quello che ho visto nascere e crescere: il Movimento dei Focolari. E lo faccio volentieri perché molti dei presenti vi appartengono ed altri lo vogliono conoscere.

Evangelizzazione “nuova nell’ardore”

La “nuova evangelizzazione” deve essere – dice il Papa – nuova nell’ardore, e cioè svolta in maniera che, man mano procede, faccia crescere, in chi la fa, l’unione con Dio.

Penso sia proprio questo l’effetto nel cuore dei focolarini, sacerdoti e laici, evangelizzatori.

Essi, spinti dal loro carisma, mettono sempre a base di tutto l’amore al prossimo e sappiamo come è proprio esso la radice dell’amore per Dio, della crescita dell’unione con Lui. Lo dice anche santa Caterina, e lo ripetiamo noi, facendo l’esempio della pianticella: l’amore al prossimo e quello a Dio sono l’uno dell’altro radice e chioma.

Per la “nuova evangelizzazione” il Papa vuole ingaggiati tutti i membri della Chiesa, l’intero Popolo di Dio?

Per iniziare il nostro Movimento il Signore non ha scelto persone speciali come potrebbero essere gli ecclesiastici o i religiosi. Ha scelto dei laici, anzi delle laiche: poche ragazze. E tuttora questa nostra realtà ecclesiale, sparsa in 182 nazioni dei cinque continenti, se abbraccia tutti gli stati di vita, dai bambini ai vescovi, è prevalentemente laica. È soprattutto di nostri laici, quindi, che il Signore si serve, come di strumenti per la “nuova evangelizzazione”.

Annuncia che Dio ama tutti

E ancora: la “nuova evangelizzazione” deve iniziare col grande annuncio: «Dio ama gli uomini»?

A me questo doveroso primo annuncio voluto dal Papa ha fatto subito una forte impressione perché lo Spirito Santo ci ha illuminati, sin dai primi giorni della nostra nuova vita, proprio su di esso, e so che è la stessa cosa anche per altri Movimenti. Le prime parole, infatti, che abbiamo imparato a dire con commozione ed entusiasmo a noi stesse ed ai prossimi, sono state: «Dio mi ama. Dio ti ama. Dio ci ama immensamente».

Avevamo capito questo quando, giovani aperte al futuro, sotto le bombe della seconda guerra mondiale, sbigottite di fronte al crollo di tutte le cose, abbiamo cercato un Ideale che non venisse meno. E lo si era scoperto in Dio. Dio che ci era stato ri-rivelato – se così si può dire – per quello che veramente è: Amore. Cosicché, se il nostro vivere precedente aveva conosciuto solo l’affetto terreno dei parenti e degli amici, ora si scopriva un Padre celeste che  vegliava, col suo amore immenso, su ogni circostanza lieta o triste o indifferente che ci riguardava. Anzi, tutto era espressione di questo suo amore attorno a noi, attorno a tutti.

E noi abbiamo creduto all’amore di Dio ed abbiamo continuato ad annunciarlo a chiunque ci è passato accanto, nei 58 anni di vita del nostro Movimento.

Forma comunità cristiane mature

E ancora: la “nuova evangelizzazione” è destinata – così vuole il Papa – alla formazione di comunità cristiane mature?

E non è proprio questo in genere l’obiettivo che possono raggiungere i Movimenti e le Comunità ecclesiali e fra essi il Movimento dei focolari?

In queste realtà, non ci si impegna, infatti, ad evangelizzare unicamente le persone della prima età. La formazione da noi è continua, a tutte le età e può far sperare, quindi, nella formazione di comunità cristiane mature.

Rievangelizzare noi stessi
con la Parola di vita

Ma occorre – l’abbiamo sentito – per la “nuova evangelizzazione” evangelizzare prima se stessi.

Una delle prime nostre preoccupazioni, da sempre, è stata quella di rievangelizzare  anzitutto noi stessi, di cambiare il nostro modo di pensare, di volere, di amare con quello di Gesù, scritto nel Vangelo. Chi conosce la nostra storia lo sa.

E per operare questa personale evangelizzazione lo Spirito Santo ci ha spinte, da subito, a vivere una frase del Vangelo alla volta, una Parola di Dio dal senso compiuto, commentandola poi, così come la Chiesa la interpreta, con semplicità, perché chiunque la legga possa metterla in pratica. La scriviamo su un foglietto, che oggi stampiamo in più di tre milioni di copie; e, tradotta in 95 fra lingue e idiomi, è poi spedita in ogni punto del pianeta.

In genere è colta dalla liturgia del tempo. La si vive e poi ci si comunica, nelle nostre piccole e meno piccole comunità, le esperienze che si fanno, mettendola in pratica, ad edificazione reciproca.

Diamo la massima attenzione a tutte le Parole del Vangelo, che si prestano ad essere vissute.

E il Vangelo, come si sa, ne contiene molte.

Per il tipico nostro “carisma d’unità” però, ve ne è una che ci interessa particolarmente e che le riassume: amare. E noi puntiamo proprio lì.

Il Santo Padre, del resto, ha detto, parlando sempre della “nuova evangelizzazione”, non solo di credere all’amore di Dio per noi, ma anche di evangelizzare noi stessi con l’amore. Ed è così che si fa.

Con l’arte di amare

Nel Movimento, poi – detto questo per inciso –, a contatto col Vangelo, si è fatta l’esperienza e ci si è fatta la convinzione che l’amore evangelico ha delle particolari esigenze, per cui, fra noi, si parla dell’arte di amare. È quell’arte evangelica che rivolge l’amore a tutti, come fa il Padre celeste che manda pioggia e sole sui buoni e sui cattivi, inclusi i nemici.

È un amore che ha sempre l’iniziativa, ama per primo, come ha fatto ancora il Padre, che ha mandato il suo Figlio a morire per noi, quando eravamo peccatori e quindi non amanti.

È un amore non di sole parole, ma che “si fa uno” con gli altri, come dice Paolo, e quindi concreto.

Un amore per il quale si ama Gesù nel fratello, ricordando quel suo: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).

È un amore che tende, di per sé, alla reciprocità.

Con una spiritualità di comunione

E qui siamo all’altra esigenza della “nuova evangelizzazione”: attuare il comandamento nuovo di Gesù, per il quale si vive la spiritualità dell’unità o spiritualità di comunione, come oggi è chiamata nella lettera Novo millennio ineunte già menzionata.

I primi cristiani la vivevano e la gente diceva: «Guarda come si amano e l’uno per l’altro è pronto a morire»14. Come ha fatto Gesù crocifisso e abbandonato, chiave della spiritualità di comunione, modello di unità per il nostro Movimento da quando è nato e che ora il Santo Padre presentandola a tutta la cattolicità, le chiede di fare, per Lui, della Chiesa una casa ed una scuola di comunione.

Bisogna evangelizzare
anche con la Parola detta

E pure questo si fa nel Movimento dei Focolari da sempre. Risuona la Parola in ogni suo angolo: nei rapporti personali, nei nostri convegni e congressi, nelle oltre 170 Mariapoli (città di Maria) che si compongono ogni estate in diverse nazioni, o nelle 20 Cittadelle permanenti, presenti nei cinque continenti.

Si parla direttamente e attraverso i mezzi di comunicazione più moderni: stampa, radio, TV, teatro, collegamenti telefonici, complessi musicali, ecc. Si parla con la stampa, con parole scritte, ad esempio, attraverso 37 edizioni di giornali e 26 case editrici “Città Nuova” presenti nel mondo.

Con i quattro dialoghi

Non esiste più – afferma Giovanni Paolo II – una società cristiana, esiste la globalizzazione con un intreccio di popoli e culture che la caratterizzano. E qui è il caso di individuare quelle “nuove espressioni” di cui – come ho detto all’inizio – il Santo Padre ha parlato nel 1983, che assieme al nuovo ardore ed ai nuovi metodi, fa nuova l’evangelizzazione: nuove espressioni colte dallo Spirito Santo per nuove situazioni. Si tratta di quella moderna forma di evangelizzazione che sono i dialoghi già prospettati dal Concilio Vaticano II: il 1° da svolgersi nella Chiesa stessa; il 2° quello ecumenico; il 3° l’interreligioso; e il 4° con persone di altre convinzioni.

Il Movimento dei focolari ha, da quarant’anni, aperto tutti e quattro i dialoghi. Lo fa anzitutto nella Chiesa, fra cattolici singoli, come fra Movimenti, Comunità ecclesiali e con tutte le Associazioni. E anche fra nuove ed antiche realtà carismatiche.

Per gli altri tre ha aperto un dialogo-confronto fra le verità che gli uni e gli altri professano e vivono.

Un primo momento di esso consiste nel cercare di capire il proprio partner, facendo il vuoto dentro di sé per potersi far uno con lui: atteggiamento questo che ha due effetti: aiuta ad inculturarsi nel mondo dell’altro e predispone l’altro all’ascolto.

Si passa, quindi, al “rispettoso annuncio”, così il Papa lo definisce, dove, per lealtà davanti a Dio e sincerità davanti al prossimo, si dice quanto si pensa e si crede, senza imporre nulla, senza voler conquistare nessuno alle proprie idee, ma lasciando agire lo Spirito Santo. In questo modo si concorre ad attuare intanto l’ecumenismo, ad esempio. E qui la nostra esperienza è vastissima. Abbiamo con gli altri cristiani molte cose in comune (battesimo, Scrittura, Credo, Concili, ecc.) e la nostra stessa spiritualità, che vivono come possono ed è vista da molti anche come spiritualità ecumenica. Per cui sentiamo di poter formare con loro, appartenenti a 350 Chiese, quasi un solo popolo cristiano in attesa della piena unità: è il dialogo del popolo.

Con i fedeli di altre religioni, come primo passo, si comincia col vivere assieme la cosiddetta “Regola d’oro”, quel “seme del Verbo” presente in quasi tutte le fedi («Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi» – cf Lc 6, 31). Anche in questo campo abbiamo da tempo vasti e profondi contatti: con ebrei, musulmani, buddisti, scintoisti, ecc. Se non che – così è anche con gli altri tre dialoghi – per dirne qualcosa occorrerebbe un discorso lungo a parte. Basti per ora sapere che la loro accoglienza nei nostri confronti è tale da chiamarci a portare la nostra esperienza cristiana in moschee musulmane, in templi buddisti, in centri ebraici.

Le persone di buona volontà, infine, appartenenti al nostro Movimento, anche se senza un riferimento religioso – sono circa 100.000 –, si rendono conto che l’amarsi non è un fatto solo per i cristiani, ma che è inscritto nel DNA d’ogni uomo. Si può perciò lavorare anche con loro alla fraternità universale ed a salvaguardare i grandi valori umani che interessano loro e noi.

In tal modo nasce pure con essi pian piano il dialogo, con l’”annuncio rispettoso” delle verità cristiane che, espresse con amore, non possono non interessare ed affascinare ogni persona, di per sé “naturalmente cristiana”. E questo è evangelizzare.

Mi sembra di dover concludere, con un grande ringraziamento allo Spirito Santo, che il Movimento dei Focolari è atto alla “nuova evangelizzazione”, anzi: sembra fatto apposta. E ciò, penso, si potrà dire di altri Movimenti e Comunità ecclesiali.

Un’esperienza

Ed ora, il terzo momento, vorrei presentare un esempio di “nuova evangelizzazione” del Movimento dei focolari, già noto ad una parte di loro, ma spero sempre gradito.

Lo potrò fare narrando una piccola storia, quasi una favola, riguardante una tribù: i Bangwa, nel Cameroun occidentale.

Nel 1966 noi, focolarini, siamo invitati a prenderci cura di questo popolo che vive in piena foresta, allo stato primordiale, poverissimo, affetto da molte malattie, con una mortalità infantile del 90%.

Disperato, perché le proprie assidue preghiere al dio della loro religione tradizionale non avevano ottenuto risultato, si era affidato, dando anche un’offerta, alle preghiere della missione cattolica più vicina.

I focolarini, interpellati da questa, aprono subito un dispensario in una squallidissima capanna visitata anche da qualche serpente.

In una delle mie prime visite negli anni ‘60, mentre gruppi di Bangwa, che si riconoscevano nel loro re, il Fon Defang di Fontem, saggio e prudente, si alternavano in varie danze in un’ampia radura nella foresta: mi era sembrato che Dio, come un sole, avvolgesse tutti loro con noi; e che lì, in piena foresta tropicale, sarebbe nata una cittadella, costruita insieme.

I focolarini edificano, negli anni, con aiuti raccolti dai giovani di tutto il Movimento, un modesto ospedale, aprono scuole, salendo su un monte imprigionano una sorgente d’acqua per un po’ di elettricità; con mattoni di pota-pota, cioè di terra bagnata, alzano qualche casa. Ma, innanzitutto, sempre attenti a vivere personalmente il Vangelo, mettono in atto la Parola di vita. Amano concretamente tutti quei fratelli nell’estremo bisogno, gli ammalati, gli analfabeti. E vedono Gesù in tutti. E, come è nostra imprescindibile norma, si amano fra loro.

I Bangwa, ai quali, pur nella foresta, erano arrivate tristi notizie relative al colonialismo, li osservano a lungo per mesi: vogliono accertarsi se quelle persone bianche abbiano, nel loro agire, degli interessi personali.

Convinti della sincerità e trasparenza dei nuovi abitanti, collaborano, per quanto possono. Ascoltano volentieri qualche idea fondamentale della nostra fede. E ben presto chiedono il battesimo. Entrano così – durante i primi anni – a far parte, a migliaia, della Chiesa cattolica. Si parla di 10.000.

Passa il tempo e tutto cresce: l’ospedale è ingrandito; la mortalità infantile è ridotta al 2%; la piaga della malattia del sonno è debellata; si costruisce un College dove sono presenti tutte le classi inferiori e superiori; vengono aperte 12 strade per il collegamento dei vari villaggi. I focolarini, con l’aiuto dei Bangwa, costruiscono una sessantina di case, i Bangwa, col nostro, molte altre. Si edifica anche la chiesa. Viene eretta dall’autorità ecclesiastica una parrocchia.

Ora, dopo più di trent’anni, sono ritornata a Fontem e la città bella e grande è sotto gli occhi di tutti. Ho visto cosa può realizzare il Vangelo annunciato sulla base della nostra testimonianza. E anche che cosa può costruire la concordia tra persone di due continenti, di due razze, divenute una cosa sola.

Nel frattempo, pure il governo aveva provveduto ai servizi sociali più urgenti, e nel 1992 la regione che abbraccia Fontem ed altri luoghi diventa prefettura.

Ed ora, pur continuando molti Bangwa a professare la religione tradizionale, ed essendo la loro struttura di base sorretta ancora da un sistema ancestrale, la fraternità laggiù trionfa e fa miracoli. Il nuovo Fon, il dott. Lucas Njifua Fontem, figlio del precedente, ha visto e ha capito.

Egli dichiara apertamente che lì, a Fontem, coloro che seguono il Movimento non gli presentano mai alcun problema, risolvono ogni cosa fra loro con amore; non bisticciano per i confini delle loro terre, ma li definiscono in armonia; nessuno ruba; non feriscono e tanto meno uccidono; sembra non abbia senso per loro la polizia; vivono assolutamente in pace.

Si può costatare, inoltre, come l’analfabetismo stia attenuandosi; come essi reggano l’istituto familiare con la più piena solidarietà; come salvino la vita, già molto apprezzata dalla cultura africana, in ogni sua età, e abbiano profonda stima degli anziani. Rispettano l’autorità e sono d’una generosità incredibile.

Per questo, pubblicamente, durante quest’ultimo mio soggiorno, il Fon di Fontem si è messo alla testa del suo popolo, invitando tutti, con decisione ed ardore, a far proprio lo spirito cristiano del nostro Movimento.

Naturalmente tutto ciò va mantenuto e fatto progredire. Per questo è partita, ad opera dei focolarini presenti e di Bangwa preparati, un’azione diretta all’evangelizzazione di tutta la regione. Si fanno incontri periodici, dove la spiegazione della Parola del Vangelo è sottolineata da esperienze, intramezzata da canti, danze, mimi, musiche, proiezioni di diapositive o brevi documentari. E la partecipazione del popolo è sempre crescente. Ora altri quattro Fon, con i loro popoli limitrofi, cominciano a partecipare e chiedono la nostra presenza nei loro territori.

Ed i frutti dovunque sono numerosi: richieste di perdono e riconciliazioni fra parenti e con i vicini; l’accettazione amorosa dei dolori e anche di malattie mortali, come volontà di Dio; il credere nella Provvidenza di Dio che arriva regolarmente; l’aiutare gente in difficoltà ad essere fedeli alla morale cristiana; la richiesta di battesimi, il ritorno ai sacramenti, specie al matrimonio; l’esperienza della pace interiore. E la chiesa, con nostri due sacerdoti, è sempre più frequentata, mentre le funzioni liturgiche si svolgono in un clima bellissimo, soprannaturale. Personalità ecclesiastiche e civili ci incoraggiano dicendo: «Ciò che avete fatto a Fontem dovete farlo in tutta l’Africa e nel Madagascar». E intanto altre quattro diocesi non stanno a guardare. Hanno predisposto commissioni parrocchiali per preparare e seguire la “nuova evangelizzazione” dovunque.

E c’è chi, osservando quanto sta succedendo, parla di prodigio. Il fatto è che si sta conducendo una rivoluzione d’amore simile a quella che si vide nell’impero romano, profondamente corrotto come era, quando i primi cristiani, “nati ieri” – come dice Tertulliano – avevano invaso il mondo15.

Ecco, distinte Autorità ecclesiastiche, reverendi e cari sacerdoti, l’esempio di “nuova evangelizzazione”, che abbiamo potuto offrire. Anche se certamente non è l’unico. Che Dio aiuti tutti noi a evangelizzare in modo nuovo il mondo, dove possiamo e dobbiamo operare. E tutto a gloria di Dio!

Chiara Lubich

 

1)   GIOVANNI PAOLO II ai vescovi del CELAM, Port au Prince, Haiti, 9 marzo 1983, in “La Traccia” 3 (1983), p.269.

2)   ID., Omelia a Salto, Uruguay, 9 maggio 1988, in “La Traccia” 5 (1988), p.523-525.

3)   Christifideles laici 34, in EV 11, 1751-1752.

4)   ID., Ai Vescovi degli Stati Uniti, 17 marzo 1998, in “La Traccia” 3 (1998), p.257.

5)   Christifideles laici, 34, in EV 11, 1751-1752.

6)   ID., Ai pellegrini della diocesi di Torun, 19 febbraio 1998, in “La Traccia” 2 (1998), p.174-175.

7)   Novo millennio ineunte 40.

8)   ID., Ai pellegrini della diocesi di Torun, cit.

9)   Veritatis Splendor 106, in EV 13, 2798.

10) Vita consecrata 81, in EV 15, 684.

11) Novo millennio ineunte 40.

12) Ibidem.

13) Redemptoris Missio 72, in EV 12, 688.

14) TERTULLIANO, Apologetico 39,7, a cura di A. Resta Barrile, Bologna 1980, p.145.

15) Cf Ibid., op.cit. 37,4, p.139.