L’amore per Gesù crocifisso e abbandonato

nelle lettere dei primi tempi del Movimento dei focolari

 

Gesù abbandonato e la vita

 

Attraverso lettere dei  primi tempi del Movimento dei focolari, scritte a persone delle più svariate categorie, l’autrice fa rivivere l’appassionante scoperta dell’abbandono di Gesù in croce come cardine fondamentale della spiritualità dell’unità. Se da sempre la croce è stata al centro della vita cristiana, qui si penetra nel dolore più intimo di Gesù che, rimasto quasi velato lungo la bimillenaria storia della Chiesa, viene in luce in maniera speciale ai nostri giorni. Sottotitoli e note sono a cura della redazione.

Lungo la mia vita mi è parso spesso d’aver la morte vicina. Anni fa però questo pensiero non mi lasciava in pace. Mi sembrava che, se Dio mi avesse chiamato presto a Sé, non avrei potuto presentarmi a Lui con quella santità che Egli si aspettava.

Gli avevo chiesto allora di darmi una spinta decisiva e Dio mi aveva indicato Gesù abbandonato quale unica mia via. Non era forse venuto da Lui il forte impulso che sin dall’inizio aveva mosso il nostro Movimento? Il Signore mi invitava a concludere la mia vita come l’avevo iniziata, facendone una corsa nell’amare solo Lui.

In quei giorni dell’80 mi era parso che Gesù abbandonato stesso mi ripetesse: «Ma se non mi ami tu, chi mi amerà?», sottintendendo che Egli abbandonato si era svelato a me per prima, come se da venti secoli avesse puntato su di me.

In seguito a questa esperienza, tutto il Movimento si è incamminato in quello che abbiamo chiamato il Santo Viaggio. E negli anni successivi abbiamo avuto la gioia di vedere numerosi suoi membri partire per il Cielo in concetto di santità. Per alcuni è già stato aperto il processo di beatificazione. E questi nostri fratelli che hanno raggiunto la mèta, sono un preludio di quella folla di santi che il nostro carisma vuol suscitare a gloria e lode di Maria.

 

Una scoperta graduale

Riprendiamo allora in mano qualcuna delle numerose letterine dei primi tempi del nostro Movimento incentrate su Gesù abbandonato. Molte di esse sono già state oggetto di studio nei temi pubblicati nel volume L’unità e Gesù abbandonato1, altre sono riportate nei libri Il grido2 e Una via nuova3, altre ancora sono rimaste ignote ai più.

Quando si leggono queste lettere in ordine cronologico si vede chiaramente che Gesù abbandonato si è fatto conoscere a noi, prime focolarine, con una certa gradualità.

In un primo tempo, infatti, Egli si è mostrato a noi come l’Amore e la sua luce è stata tale che non si vedeva che Lui, Lui e l’immensità dell’amore di Dio che egli versava sul mondo, Lui che ci faceva superare ogni dolore e ci ricolmava di gioia pura, Lui che cancellava i nostri peccati, Lui di cui ravvisavamo il volto sotto i particolari lineamenti di ogni fratello e ogni sorella.

È solo in un secondo tempo che Egli si è manifestato a noi come la via all’unità, il segreto e la chiave per costruirla. Il nostro amore esclusivo per Lui si è rivelato allora come la condizione indispensabile per consumarci in uno, per generare all’unità un’infinità di persone e contribuire così alla realizzazione dell’ut omnes unum sint.

Indirizzavo queste lettere a ragazze conosciute, ma anche a chiunque era venuto in contatto con noi: giovani, religiosi, bambini, suore, persone sposate, ecc.

Sono lettere in cui sembra innegabile l’azione di un carisma: per la sua luce, la sua grande novità (sono argomenti che non si trovano altrove); per la forte spinta alla propria ed all’altrui volontà onde attuare quanto si era visto; per il panorama ampio, da Dio, che presenta perché il nostro spirito ne venga informato; per la certezza, che non conosce tentennamenti.

Il più grande dolore, il più grande amore

Leggiamo dapprima alcuni brani di una lunga lettera a Duccia Calderari4. Risale, con molta probabilità, all’avvento del 1944. In essa appare lampante la differenza che passa tra il dolore dell’abbandono e gli altri dolori sperimentati da Gesù nella sua passione. Vi è una chiara comprensione della particolarità di questo supremo dolore e di come Gesù con esso ha fatto dono agli uomini della sua divinità.

Di conseguenza, come in altre letterine di quel periodo, sorge la proposta decisa di seguirlo e di amarlo in questo suo più grande dolore che ci appare subito come l’espressione del suo più grande amore. Traspare dalla lettera la coscienza della novità della luce ricevuta con il carisma e la forza dell’amore per Gesù abbandonato che ardeva nei nostri cuori e che era stato acceso in noi dal suo sconfinato amore.

Dopo una attenta descrizione della divina passione che santa Caterina da Siena nutriva per Gesù crocifisso, la lettera prosegue5:

 

«Credi, Duccia, è l’Amore la salvezza del secolo XX perché l’Amore è Dio.

Tutti i tranelli più o meno profani sono perdita di tempo o servono da sottosuolo ai Disegni di Dio.

Riémpiti perciò di quest’Amore personale per l’Uomo-Dio, unico degno d’esser amato.

... ma tu non sai quale Fortuna ti sovrasta. Non sai:

Forse ora l’Amore compie il miracolo di farti comprendere tutto quanto ha finora compreso il mio cuore al contatto con Lui che è il suo Unico Amore!

T’ho detto: l’Amore non fa doppioni. Se riappare nel mondo l’Amore, è nuovo d’una luce limpidissima, che supera quella già vista con misura infinita.

È riapparso nel mondo l’Amore ed ha donato al nostro cuore la Chiave che apre ogni cuore nel mondo.

Credi, Duccia; tutti quelli che sono ascesi alla Santità hanno conseguito un posto più o meno alto a seconda dell’ardore con cui hanno amato Gesù Crocefisso!

Ebbene: tu fa quello che anch’io voglio fare: tuffati anima e corpo nell’Amore Abbandonato!

Tu hai cuore e comprensione: ascolta: Pensa alla differenza infinita fra il dolore di Gesù crocefisso da nemici, abbandonato dai discepoli, costretto ad affidare la Mamma Sua ad un altro e il dolore immenso di sentirsi disunito dal Padre Suo, che lo amava come Se stesso e col quale formava una sola cosa.

Pensa: ... fu quel dubbio atroce di non esser più una sola cosa col Padre, che Lo fece uscire in quel grido:

“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”

Grido che deve rompere ogni cuore di uomo fatto, da quell’angoscia divina, degno d’esser legato a Dio, unito a Dio, quale figlio adottivo di Dio!

Qui, qui, qui è tutta l’Immensità dell’Amore! Ci donò la Sua Divinità.

Pensa Duccia, tu che hai cuore, a questo Gesù penzolante come straccio dalla Croce, coll’anima squarciata dal dolore, nel dubbio di non essere più Dio!

Pensa e lasciaLo appoggiarsi sul tuo cuore che vuole cose grandi

Ma per Lui!

DiGli che abbandoni su te la Sua Umanità Divina ridotta a nulla per darci il Tutto, ridotta ad odio (quasi, ché credette che il Padre non più Lo amasse) per darci l’Amore; diGli che l’abbandoni su te e ti narri il suo tormento onde tu infiammata e pazza quasi per tanto Amore corra sì per il mondo, ma non col tuo piccolo cuore, ma con il Cuore di Dio; arso d’Amore onde più nulla e nemmeno tu tocchi senza infiammarlo a seguire quest’abbandonato Signore dei cuori.

GiuraGli colla tua vita che Lui è Dio, appunto perché per l’Amore ne volle star un attimo in dubbio!

GiuraGli che il tuo cuore mai più lo abbandonerà onde trovi qui in terra, nel tuo cuore, quel Paradiso che perdette allorché il Suo Padre Gli sembrò volgere l’occhio.

... e poi fa quello che vuoi che tutto sarà grande agli occhi di Dio e del mondo.

Proponiti di seguire ed amare l’Amore Crocefisso così nel più grande dolore, espressione del più grande Amore!

A tale tua proposta all’Amore, l’Amore Onnipotente, che mai si lascia vincere in generosità, farà su te Disegni più grandi di quelli di S. Caterina, perché è inesauribile l’Amor suo e mai smette di buttare nel mondo il Fuoco che a tutti e per tutti aveva riservato, ma che nessuno vuole.

ApriGli tu tutto il tuo cuore e diGli che tanta potenza d’Amore ti dia, quanta aveva riservato per quegli uomini che formano il mondo di oggi.

DiGli che la tua Passione non è altro all’infuori di Lui Crocefisso nel suo Abbandono!

Solo così metterai Fuoco all’Italia! Oh! No, non basta predicare l’onestà colle nostre labbra e la nostra vita.

È Iddio che deve predicare dal nostro cuore con tutto il Suo Amore!

Io invoco da questo Gesù Abbandonato che mi ha confidato la sua Piaga Spirituale (la Ferita dell’Abbandono) su di te la Sua Benedizione Onnipotente onde pace non ti lasci finché tutta non ti sia data a questa pazzia d’Amore!

L’Iddio-Amore mio ha diritto di cuori ardenti ed aspetta da te tutto il tuo cuore con ogni potenza che Lui v’ha seminato (ed è potenza d’Amore).

Non mettere, Duccia, alcun freno e con quella generosità che fiorisce spontanea da te mettiti a disposizione dei Disegni di Dio, mettiti a proporti con forza, che ha del giuramento, a nulla trascurare (finché c’è vita) perché da te e da tutti l’Amore non sia abbandonato!

Ma nulla potrai, finché tu sinceramente non l’amerai e per Lui nulla lesinerai nell’Amore» (Nell’Avvento del Regno dell’Amore).

 

La divina alchimia: il passaggio dalla morte alla vita

Leggiamo ora quasi per intero una lettera, in parte già conosciuta, del 1945. In essa si spiega in che modo Gesù abbandonato va amato e come, così facendo e vivendo pienamente la volontà di Dio nel momento seguente, si superi il dolore e si passi di continuo dalla morte alla vita.

Questa divina alchimia che tramuta il dolore in amore e fa sperimentare ai sensi dell’anima la presenza di Dio oltre la sofferenza è stata sin dai primissimi tempi uno dei frutti caratteristici del nostro carisma.

Si sentiva decisamente di non rimanere nel dolore e si era convinti che con l’Ideale6 si aveva la grazia di vivere normalmente nella pienezza del gaudio promessa da Gesù.

Non si concepiva un amore a Gesù abbandonato che non sfociasse prima o poi nella risurrezione.

 

«... Questo solo so che Gesù Crocefisso ed Abbandonato ha dato ai cuori che Gli danno tutto: Salvezza e Santità. (…)

Pasqua è passata e con Lei la Luce.

Ecco tutto qui: “Omnia mea, tua sunt

È il motto della nostra vita rinata.

Tutto ciò che è mio, è tuo” (…)

Ecco (…) come dobbiamo attuare questa frase, espressione la più schietta dell’Amore (…).

L’anima nostra o è in gioia, o è in dolore.

Quando l’anima non canta, qualcosa la preoccupa e questo qualcosa va subito donato a Dio.

Possono essere dolori per le cose esterne (e questi sono i più facili a vincersi dalle anime che vogliono amare l’Amore), possono essere dolori intimi (scrupoli, dubbi, malinconie, tentazioni, vuoti, nostalgie).

Tutti questi dolori vanno donati a Dio.

Più celere il dono, più presto l’Amore scende nei cuori.

Ma qui devi porre attenzione:

Chi dona, non tiene per sé il dono fatto.

Se tu senti qualcosa, comunque sia, che non ti lascia l’anima in pace, questo qualcosa lo devi donare a Lui con sforzo proporzionato al dono. E ciò vuol dire: con uno sforzo tale che tu non abbia a sentir mai più il dolore, perché tutto l’hai donato.

Se qualcosa tieni per te, anche il solo pensiero del dono fatto, ti appropri una ricchezza (meschina ricchezza) che non è più tua.

Inoltre solo nell’estrema povertà dell’anima che si perde per amore        
Iddio fa il suo ingresso trionfale colla pienezza del gaudio.

Ecco perché Pasqua fu per noi “passaggio” ad una vita che è gioia che mai tramonterà, finché vivremo l’Ideale in pieno.

Vuoi ora il nostro Modello Eterno?
Gesù crocifisso ed abbandonato.

L’anima sua di Uomo-Dio, ripiena del più grande dolore che Cielo e terra conoscano: il dolore d’un Dio abbandonato da Dio, non dubita un attimo ad offrirla al Suo Padre: “In manus tuas, Domine, commendo Spiritum meum”7.

Così sempre anche noi.

E sai che ti risponderà Gesù alla tua offerta?

“Omnia mea, tua sunt”.

Tutto ti darà, tutta la pienezza del suo gaudio.

Che tutto te lo dia» (15.4.45).

 

Godere di essere come Lui

Diverse letterine attestano questa trasformazione che avviene quando si abbraccia con tutto il cuore Gesù abbandonato e si continua ad amare. Ne risulta una impressione di perenne risurrezione e di abbondantissima effusione dello Spirito Santo, i cui frutti risultano tangibili e si assaporano oltre il dolore amato.

 

«… Fatti coraggio, chiudi gli occhi del tuo cuore che si ribella, della natura che recalcitra, passa oltre! Abbraccia la Croce!

Non appena abbracciata t’accorgerai... di trovarvi Lui!

Allora unito il tuo cuore piagato al Suo, tu ti riempirai d’una dolcezza che supera ogni amarezza, d’un amore che fa scomparire il dolore!

Gesù non si trova che là: sulla Croce! E sulla croce Egli ci accetta!

Ma chi lo capisce? Ma chi si cura di Lui?

Almeno tu, che sai, tu non lasciarteLo sfuggire.

Quando Egli taglia sul vivo, è perché vuole unirti a Lui Crocefisso!

Ebbene: dimentica tutto per cercare Lui.

Ama la Croce, se vuoi amare Lui.

Quella sola è Risurrezione! In Lei sola ogni speranza nostra!

Lei motivo unico della nostra vita!

“Sì, sì, sì! (che gridi pure la natura!)

O patire o morire!

Perché nel dolore Ti trovo, mio unico Bene, ed ogni patire con te è Soavità, dolcezza e amore”» (agosto ‘46).

 

Scrivevo ancora ad un religioso:

 

«… Gesù soffre vedendola soffrire – dopo averle dato (con sì infinito dolore! sulla croce) la possibilità di esser ripieno di gaudio. Godrebbe di più se Lei, Padre, nascondesse gli occhi dell’anima sul Cuor di Gesù, nell’intimità Sua ove sofferse il più acuto abbandono che cielo e terra conosce, e Gli sussurrasse quelle parole che tanto consolano il Suo Cuore: “Gesù, godo d’esser un po’ come Te; godo che Tu riviva in me il Tuo grido; voglio far della mia vita il Tuo grido vivente per trascinarti un’infinità di anime; lo voglio”.

E far questo senza analizzare il dolore, senza distinguere se... o se...: ogni dolore era in Lui!

La nostra gioia è già piena sapendo di portar in noi nell’anima o nel corpo quell’oro puro che è il dolore.

Solo esso ci dà di amare Gesù con puro amore.

E sotto il dolore sempre troviamo Gesù.

Perdoni, Padre, se azzardo scriverLe queste cose. Ma Gesù lascia che una sorella scriva ad un fratello in Gesù dicendogli che Gesù soffre vedendolo soffrire.

, , Padre: avanti! Rompa tutto ciò che La lega a Lei stesso. Con coraggio. Un tuffo... nel Cuore di Gesù; che teme?

Non è che Lei inizi una via; Lei si butta nella Via che è Lui. Di tutti dovremo aver paura, fuorché di Lui» (2.9.48).

 

Fede sicura nella misericordia di Dio

Un frutto di Gesù abbandonato che non abbiamo molto messo in luce, ma che è pure presente nelle letterine dei primi tempi del Movimento, è la fede sicura nella misericordia di Dio, la certezza del perdono dei propri peccati. Significative queste brevi righe:

 

«Credi, credi all’Amore: Se tutto ha dato per te, tutto ha perdonato dal primo momento che ha visto in te il rincrescimento. Caccia gli scrupoli. Non credi capace Gesù di perdonarti dopo che per te fu in croce abbandonato?» (11.1.45).

«Lo so: cadrai. Anch’io cado e spesso e sempre. Ma quando alzo lo sguardo a Lui che vedo incapace di vendicarsi perché è fisso in Croce per eccesso d’Amore, mi lascio accarezzare dalla Sua Infinita Misericordia e so che quella sola ha da trionfare in me.

A che sarebbe Lui infinitamente Misericordioso? A che? Se non fosse per i nostri peccati?» (agosto ‘45).

 

Più significativo ancora è il brano della seguente lettera. È indirizzata a due suore di Rovereto, l’argomento è l’unione con Gesù e il mezzo indicato per arrivarvi è paradossalmente uno solo e inatteso: i nostri peccati.

Questa lettera è una chiara dimostrazione che nella nuova vita intrapresa non si faceva nessun affidamento su di noi. Non ci si fermava né sui nostri peccati né sui nostri presunti meriti. Anzi si provava piuttosto ribrezzo per ogni forma di ripiegamento su se stessi, anche spirituale. Il carisma ci spingeva ad amare, a “vivere fuori” e a poggiarci unicamente su Gesù, con piena fiducia in lui.

Anche se viene espresso con parole diverse, questo atteggiamento di totale abbandono in Dio è una limpida attuazione di quanto dice san Paolo riguardo alla giustificazione per mezzo della fede. È solo l’amore di Dio manifestato in Gesù crocifisso e abbandonato che ci salva. Siamo a lui graditi nella misura in cui ci rimettiamo completamente nelle sue mani.

«Sorelline mie, per parlarvi di questo [dell’unione con Gesù] vorrei avervi qui accanto a me, perché vorrei vedere e sentire nella vostra anima quanto vanno profonde queste parole. Ma Gesù vuole così e così sia.

È Lui che tutto fa.

Per unirci a Gesù (unico scopo della nostra vita, specie della nostra ché tutte ci siamo date a Lui) c’è un solo mezzo: i nostri peccati.

Occorre levarsi dall’anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi soltanto dall’esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati.

Noi, per noi, null’altro abbiamo e facciamo che miserie.

Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia.

L’anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendoGli in dono, come unico dono, non le proprie virtù, ma i propri peccati!

Perché l’anima che ama conosce i gusti dell’Amato e sa che Gesù se è venuto sulla terra, se s’è fatto uomo, se qualcosa brama nel profondo del Suo Cuore Umano Divino è soltanto:

Far da Salvatore     
Far da Medico!      
null’altro desidera.

“Fuoco sono venuto a portar sulla terra e che cosa voglio se non che s’accenda?”8

È un Fuoco divoratore che ha portato e null’altro vuole che divorare miserie, trovare miserie da consumare!

“Oh! Gesù mio, Tu sai la mia incapacità! Ma tu puoi operare il miracolo: attira questi due cuori nella comprensione più profonda della tua Misericordia!

Lo so che t’opprime sul Cuore il peso della tua Misericordia, non conosciuta, perché hai per gli uomini una Ricchezza infinita che tutti potrebbe santificare e nessuno sa sfruttare per la tua Gloria!

Gesù Gesù: Fa’, fa’ di questi due cuori due Cirenei che t’aiutino a portare il peso della tua Misericordia e passino per il mondo distribuendola a gran manciate in tutti i cuori onde tutti colpiti dal tuo Immenso Amore sappiano quale sia la Via per arrivare a Te, somma Felicità!”

Sorelline mie: andate a Gesù spesso, sempre. A Lui che vive nel vostro cuore e confessateGli i vostri peccati ogni momento.

Raccogliete ogni imperfezione, ogni sentimento imperfetto, ogni frutto dell’umanità che vi portate dietro.

E offrite tutto a Lui!

Con umiltà (= consce e certe che null’altro avete da darGli di vostro).

Con amore (= coll’animo tutto proteso verso l’Amato: sicure che Egli vi guarda con tanto più amore, quanto più confessate a Lui le finezze del vostro male e colpite più finemente l’amor proprio).

Con confidenza (= certissime che null’altro desidera più che “farla da Salvatore”, che sfruttare il Suo Sangue, che santificarvi! A che servirebbe infatti la sua Misericordia se non trovasse miserie? Gesù, Misericordia, null’altro desidera che miserie!)

Crediamo.

È la Fede nella Sua Misericordia che dobbiamo accendere in noi.

È la pratica di questa Fede attuata ogni attimo che dobbiamo attuare in noi.

Concludendo:

Uniamoci a Dio così:

a) Con la confidenza (credo-conosco-so e faccio secondo la mia fede nella Sua Misericordia).

b) per mezzo delle nostre miserie (raccolte ogni attimo e offerte con umiltà confidenza amore).

Oh! allora! Quanta quanta Grazia dal Cielo: Come Gesù apre il Suo Costato Santo e lascia scendere la pioggia del miracolo! Egli lavorerà in noi e lascerà al posto d’ogni miseria una Fiamma d’Amore per Lui. Così è» (3.10.46).

 

Agli altri l’unità, a noi l’abbandono

Ma passiamo ora a quanto Gesù abbandonato, dopo essersi fatto conoscere a noi come l’Amore, ci ha fatto intendere di sé quale chiave dell’unità e rileggiamo innanzitutto una lettera nota del 1948 nella quale è sintetizzata un po’ tutta la nostra dottrina su di lui.

 

«… Sono convinta che l’unità nel suo aspetto più spirituale, più intimo, più profondo, non può essere capita che da quell’anima che ha scelto per sua porzione nella vita Gesù abbandonato che grida: “Dio mio, Dio mio, perché anche Tu mi hai abbandonato?”9.

Fratello, ora che ho trovato comprensione in lei in questo che è il segreto dell’unità, vorrei e potrei parlarle per infiniti giorni. Sappia che Gesù abbandonato è tutto. È la garanzia dell’unità.

Ogni luce sull’Unità scaturisce da quel grido.

Sceglierselo per unico scopo, unica mèta, punto d’arrivo della propria vita è... generare all’Unità un’infinità di anime.

Il libro di Luce che il Signore va scrivendo nella mia anima ha due aspetti: una pagina lucente di misterioso amore: Unità. Una pagina lucente di misterioso dolore: Gesù abbandonato. Sono due aspetti di una unica medaglia. A tutte le anime mostro la pagina Unità. Per me e per le anime in prima linea dell’Unità: unico Tutto è Gesù abbandonato.

Scalare una vetta verso l’estremo abbandono è ciò che ci siamo scelte.

Agli altri l’Unità, a noi l’abbandono. Quale? Quello che Gesù (fatto uomo, per farci deificati) ha sofferto: estremo dolore sintesi di tutti i dolori; dolore grande come... Dio! “Dio mio, Dio mio, perché anche Tu mi hai abbandonato?” e cercarlo come la sposa del Cantico dei Cantici – è il nostro supremo dovere di noi buttati dall’amore infinito in prima linea.

Cercarlo nei fratelli peccatori... senza Dio! Lì è Lui che grida: “Dio mio, Dio mio...”, cercarlo negli abbandoni esterni, ma soprattutto intimi e profondi... Tutti quelli che egli semina nella via della vita.

Fratello, non v’è gioia più piena e più aspra di quando l’anima è sospesa fra cielo e terra – sola con lui solo, abbandonato anche dal padre eppure dio!

Ah, fratello! se lei si butta per questa via, ben presto proverà le stimmate dell’abbandono! Allora il Signore scaverà nel suo cuore un vuoto infinito... che lei ricolmerà immediatamente con Gesù abbandonato.

E non sarà solo mai. Anzi penetrerà profondamente questo mistero d’amore e di Dolore, e tutto lo comprenderà e mai lo comprenderà. Ma intanto l’amerà, e l’amore la farà forte per unire tutto ciò che è staccato.

Fratello, non tutti comprendono queste parole. Non diamole a nessuno. Che l’amore abbandonato si veda circondato solo da cuori che lo comprendono perché l’hanno sentito passare nella loro vita ed hanno trovato in Lui la soluzione di tutto.

Agli altri l’Unità, a noi l’abbandono. Sì, perché la sposa non può essere dissimile dallo sposo.

A Gesù manca Dio. Per consolarLo promettiamogli di donargli sempre la presenza di Gesù tra noi. “Dove due o più... ivi sono Io!”.

E Gesù consolerà Gesù che grida. Mio Gesù! Nostro Gesù!» (30.3.48).

E la firma è: Chiara di Gesù abbandonato, come per sottolineare ancora l’esclusività della scelta.

Senza dolore amato non c’è redenzione

La Scrittura dice che «sine sanguinis effusione non fit remissio: senza spargimento di sangue non esiste perdono» (Eb 9, 22), a significare che senza sacrificio, senza dolore amato, non vi è redenzione, salvezza.

Sin dai primi tempi il Signore ce ne ha rese coscienti e, come già san Paolo, valorizzavamo pure noi tutte le situazioni apparentemente negative.

Sapevamo che è soffrendo contraddizioni che si portano veri frutti.

 

«… Tieni per certo che quando sarai incompresa, ti si lotterà contro, sarai vista male e magari coperta di obbrobri, allora Gesù è con te e ti dà il segno vero d’esser la sua discepola: la Croce.

Allora canta di più, rallegrati, gioisci perché è arrivata l’ora di portar veri frutti. Le anime si conquistano soffrendo per esse.

Tu benedici, ama, perdona, abbraccia chi ti percuote, chi ti calunnia e nel profondo del cuore ringrazia il Signore.

Ti dico queste cose perché quando avverranno, tu sia pronta. E magari avverranno da chi meno te l’aspetti.

Però sappi che noi siamo sempre con te, unite a te, fatte un cuor solo col tuo» (13.11.47).

 

Si avvertiva pure alle volte la presenza di Satana che cerca sempre di ostacolare le opere di Dio, ma Gesù abbandonato ci era di luce in ogni prova, anche nelle più dure.

 

«Sapesse quello che avviene dentro di noi e fra noi.

I tentativi ripetuti di Satana per tutto far crollare, sono la prova di quanto prema a Dio quest’Opera.

Ma non ce la fa.

Dio è invincibile!

Ci danno l’Unità, abbiamo Dio!

Ci tolgono l’Unità10, abbiamo Cristo in croce che grida: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”» (15.6.’48).

«Da questa prova11 risultò chiaro che chi vinse fu proprio Gesù nel suo massimo dolore. Se noi non avessimo sempre avuto l’occhio del cuore puntato su di Lui, non avremmo saputo resistere in questo crudelissimo mese e mezzo e non avremmo potuto cantare il Te Deum anche quando Sua Altezza12 si mostrò sospeso.

Dunque Gesù abbandonato è e sarà sempre per noi la salvezza dell’unità. Senza di Lui tutto sarebbe crollato. Anche la Mamma del Cielo che aveva tutto in mano, come avvocata nostra, non avrebbe potuto operare così.

Ed è Gesù nel suo massimo dolore la spinta, la forza, l’ardore, lo zelo, la certezza, la soluzione di tutti i problemi delle anime.

Egli ci spoglia completamente di noi, Egli non ci abbandona mai, mai, in tutte le traversie più crude della vita.

Chi ha compreso questo segreto ha la luce dell’unità in tutta la sua pienezza e la capacità di unire tutte le anime che il Signore mette accanto.

AmarLo sempre più della vita, più della gioia, più del Paradiso dell’unità! PreferirLo sempre come unico tesoro del cuore! CercarLo nel momento presente, unirLo a noi come Sposo dilettissimo dell’anima nostra, non lasciarLo mai, mai... ecco ciò che fortifica l’anima. Gesù abbandonato è tutto il Vangelo, tutto l’Amore, tutta la Luce.

Che il Signore Le dia, Padre, di amarLo con cuore di fiamma» (luglio ’48).

 

Per consolare l’Amore crocifisso: cercare di ricomporre ogni disunità

Inoltre Gesù abbandonato ci orientava decisamente verso l’ut omnes spingendoci a fare dell’unità fra noi la pedana di lancio per correre dove non c’è unità e farla.

 

«Fratelli, che tutto cada. L’Unità mai!

Dov’è l’Unità ivi è Gesù!

Stringete i vostri tre giovani cuori e fate un Cuor solo: il Cuore di Gesù!

Siate il vero focolare d’Assisi.

Portate fra voi tre sempre questo Fuoco acceso.

E non temete di morire. Già l’avete sperimentato che l’Unità esige la morte di tutti per dar la vita all’Uno!

Sopra la vostra morte vive la Vita!

La Vita che a vostra insaputa vivifica molte anime.

L’ha detto Gesù: “Pro eis sanctifico me ipsum”!13

Per far l’Unità di tutta Assisi e del mondo, state uniti fra di voi.

È l’unico modo.

Quell’Unità in cui vive l’Amore vi darà forza d’affrontare ogni disunità esteriore e di riempire ogni vuoto.

Fate questo come sacrosanto dovere, anche se vi porterà immensa gioia!

L’ha promessa Gesù la pienezza del gaudio a chi vive l’Unità!

E non temete nulla. Temete solo d’attaccarvi a qualcosa che non sia Gesù fra voi. Questo è il vostro, il nostro Ideale. Gesù fra voi (che vi porta fra noi) è anche garanzia di Gesù in voi nella pienezza dell’unità con Lui!

Difatti: del tutto L’abbiamo amato quando siamo morti per Lui (che vive nel fratello).

Godete della vostra unità, ma per Iddio e non per voi; ci ammonisce santa Caterina ad amare Dio per Dio, il prossimo per Dio, se stessi per Dio. Mai per noi. Anche l’Unità (che è la nostra santità) dobbiamo amarla per Dio!

Facciamo dell’Unità fra noi (che ci dona la pienezza del gaudio, della pace, della forza) il trampolino per correre, saltare dovunque dove non è unità e farla!

Anzi: come Gesù ha preferito la Croce per Sé e non il Tabor, preferiamo anche noi di stare con chi non è in unità, onde soffrire con Lui ed esser certi che il nostro è puro amore!

Poi portiamo le conquiste che il Signore ci ha dato di fare nel piccolo ovile di Gesù: l’Unità.

È per questo, Fratelli, che noi crociati dell’Unità14 abbiamo preso come unico scopo della vita, come unica Mèta, come tutto:

Gesù Crocefisso che grida: “Dio mio, Dio mio, perché anche tu mi hai abbandonato?”15

È Gesù nel massimo Dolore! Disunità infinita... per dar a noi l’Unità perfetta che raggiungeremo relativamente quaggiù e poi assolutamente in Paradiso.

Gesù così infinitamente addolorato ha bisogno della nostra consolazione.

Che cosa manca a Gesù così angosciato?

Quale medicina per guarire il Suo dolore?
Dio!

È Dio che Gli manca!

Come darglielo noi?

Stando uniti Lo avremo fra noi e Gesù che nascerà dalla nostra unità consolerà il nostro Amore Crocefisso!

Ecco perché dobbiamo crescere la nostra Unità in quantità d’amore e di anime! Vogliamo che il Re si ingigantisca fra noi! E allora andremo a cercar di ricomporre ogni disunità tanto più che in ogni anima disunita sentiamo gemere più o meno forte il grido del nostro Gesù!

Fratelli, amiamo Gesù e soprattutto siamo gli angeli del Suo abbandono!

Ho sperimentato che ogni anima che si trova in prima fila nell’Unità e per l’Unità, sa reggersi soltanto appoggiandosi su un Dolore-Amore così forte come quello di Gesù Crocefisso e abbandonato!

Ora vi lascio! Un’infinità di anime attendono una parola, un aiuto, un conforto. Corriamo a tutti. Solleviamo tutti. Amiamo tutti.

Fra noi il patto è giurato!

Che Dio vi arda d’Amore!» (1.4.48).

 

Ascoltare la Sua voce

Concludiamo questa lettura di letterine dei primi tempi del Movimento con un breve scritto del 12 luglio 1949, quattro giorni prima del patto di unità con Igino Giordani (Foco)16 che segnò l’inizio di quel periodo luminoso durante il quale ci è stato svelato ancora di più chi è per gli uomini e per il creato Gesù abbandonato, che tutto aveva ricapitolato in sé.

«Gesù abbandonato!

L’importante è che, quando passa, noi stiamo attenti a sentire quello che ci vuol dire, perché ha sempre cose nuove da dirci. Gesù abbandonato ci vuole perfetti: è l’Unico Maestro Gesù ed Egli si serve di tutte le circostanze per plasmarci, per smussare gli angoletti del nostro carattere, per santificarci. L’unica cosa che dobbiamo fare noi è prendere tutte queste voci delle circostanze come voce Sua. Tutto ciò che succede attorno a me succede per me, è tutt’un’espressione corale dell’amore di Dio a me».

 

Chiara Lubich

 

 

01)    C. Lubich, L’unità e Gesù abbandonato, Città Nuova, Roma 200510.

02)    Id., Il grido. Gesù crocifisso e abbandonato nella storia e nella vita del Movimento dei Focolari dalla sua nascita, nel 1943, all’alba del terzo millennio, Città Nuova, Roma 2000.

03)    Id., Una nuova via. La spiritualità dell’unità, Città Nuova, Roma 2002.

04)    Duccia Calderari abitava a Trento, vicino al primo focolare, e più tardi sarebbe diventata una delle prime “volontarie” del Movimento. È rimasta famosa nella storia del Movimento dei focolari per un episodio degli inizi: un giorno Chiara Lubich si era recata in chiesa per chiedere a Dio un paio di scarpe numero 42 per “Gesù in un povero!”. All’uscita le è venuta incontro Duccia che le portava un pacco che conteneva proprio un paio di scarpe da uomo numero 42.

05)    Si riproducono qui queste letterine così come risultano dal manoscritto, senza rivedere l’interpunzione, ecc.

06)    Negli scritti di Chiara Lubich, con il termine “Ideale” si intendono tutte quelle idee che si pensano suggerite dallo Spirito Santo per la fondazione e la vita del Movimento dei focolari. Esse riguardano sia la sua spiritualità che la sua struttura. 

07)    Lc 23, 46: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.

08)    Cf Lc 12, 49.

09)    Cf Mt 27, 46.

10)    Per la novità della sua spiritualità incentrata nell’Unità, la situazione del Movimento dei focolari in quell’epoca era molto difficile.

11)    Le difficoltà che avevano lasciato perplesso lo stesso arcivescovo di Trento, si chiarirono ed egli assicurò nuovamente il suo pieno appoggio al Movimento nascente.

12)    Si riferisce a Mons. Carlo De Ferrari, arcivescovo di Trento. Era il titolo allora ancora in uso.

13)    Cf Gv 17, 20: “Per loro io consacro me stesso”.

14)    Il riferimento è alla “Crociata della Carità”, fondata da padre Veuthey, con il quale Chiara Lubich si era incontrata e collaborava.

15)    Cf Mt 27, 46.

16)   Igino Giordani, padre di 4 figli, deputato, scrittore, giornalista, pioniere dell’ecumenismo, è stato il primo focolarino sposato. Per il particolare contributo da lui dato all’incarnazione nel sociale della spiritualità dell’unità e agli sviluppi ecumenici del Movimento, Chiara Lubich lo considera confondatore. Nel 2004 è stata aperta la sua causa di beatificazione.