Brasile: linee di azione nello spirito della “Novo millennio ineunte”

 

La spiritualità di comunione e i seminari

di Ricardo Pinto

 

Un documento elaborato dall’episcopato brasiliano nell’aprile dell’anno scorso pone come esigenza fondamentale per un’efficace evangelizzazione la vita di comunione fra i cristiani, una comunione che affondi le sue radici nella vita stessa della Trinità. Di conseguenza anche la formazione dei futuri pastori deve ispirarsi a questo modello. In varie regioni di questo Paese ci si sta già muovendo in tale direzione. L’autore dell’articolo è uno degli incaricati per la formazione nel Seminario teologico dell’arcidiocesi di San Paolo del Brasile.

Le Direttive generali dell’azione evangelizzatrice della Chiesa in Brasile (DGAE)1 richiamano l’attenzione, tra l’altro, sulla comunione come chiave di lettura ed elemento di propulsione della vita della Chiesa. È stata questa una delle decisioni più importanti dei vescovi di questo Paese riuniti in assemblea generale nell’aprile del 2003.

Essi, per elaborare le proposte dell’azione evangelizzatrice della Chiesa dal 2003 al 2007, hanno accolto come “ispirazione ed impegno” la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale Giovanni Paolo II presenta la comunione come il cammino della Chiesa in questo nuovo millennio.

Tutto sta ad indicare che la sfida di «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione», proposta nella Lettera del Papa, sarà affrontata con dinamismo nei prossimi quattro anni in tutta la comunità cattolica del Brasile.

Non a caso chi sfoglia l’indice tematico del documento episcopale, vi trova numerosi rinvii a testi che parlano di comunione di beni, comunione e partecipazione, comunione fraterna, dialoghi e altri punti correlati. Le Direttive mettono così in primo piano quella comunione che «deve rifulgere nei rapporti tra vescovi, presbiteri e diaconi, tra pastori e intero popolo di Dio, tra clero (diocesano) e religiosi, tra Associazioni e Movimenti ecclesiali» (NMI 45; cf DGAE 106).

Riguardo alla formazione dei seminaristi, fa pensare l’enfasi data dal documento alla comunione. Affermando che «l’impegno di costruire la comunione e la partecipazione deve essere assunto con continuità e perseveranza» (DGAE 108), i vescovi sottolineano l’importanza di allenare i futuri presbiteri già negli anni di seminario ad uno stile di vita in cui la comunione occupi un posto chiave. È questo un compito che non si può improvvisare o affidare solo a strutture o a norme disciplinari. La comunione deve diventare vissuto quotidiano nella formazione.

La Conferenza episcopale del Brasile risponde così all’indicazione del Papa che «occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi (…) dove si educano i ministri dell’altare» (NMI 43).

Ma come la “spiritualità di comunione” può diventare elemento vitale nel cammino di formazione?

Lo sguardo del cuore
rivolto al mistero della Trinità

La comunione nella Chiesa – lo si sa – nasce dalla comunione trinitaria. È questa una delle linee direttrici del Concilio Vaticano II ed è il fondamento da cui partire per offrire ai giovani una base solida di riflessione e di impegno concreto nel vivere quotidiano. Impegno quanto mai necessario se si tiene presente che c’è oggi nella società un forte ritorno all’individualismo e che questa tendenza culturale ha un influsso imponente sulla vita dei giovani, compresi coloro che intendono consacrarsi a Dio.

Una spinta alla vita di comunione li aiuta ad aprirsi verso gli altri e stimola in loro – secondo la NMI – la capacità di «sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico» (n. 43). Ma soprattutto aiuta i futuri sacerdoti ad avviarsi sin dal seminario a fare l’esperienza di essere «servitore della Chiesa-comunione perché – unito al vescovo e in stretto rapporto con il presbiterio – costruisce l’unità della comunità ecclesiale nell’armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi» (Pastores dabo vobis 16).

Questo rapporto di comunione, vissuto innanzitutto tra i sacerdoti, diventa testimonianza di quella “identità sacerdotale” che molti desiderano ancora trovare. «È all’interno del mistero della Chiesa, come mistero di comunione trinitaria in tensione missionaria, che si rivela ogni identità cristiana, e quindi anche la specifica identità del sacerdote e del suo ministero», afferma infatti la PDV (n. 12).

I «gruppi di comunione»

La contemplazione e l’esperienza della vita trinitaria, come centro del mistero cristiano, si concretizzano in momenti di preghiera personale e comunitaria vissuti con la profondità di chi si sa immerso nel mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ma si concretizzano pure nella condivisione della propria vita in piccoli gruppi che facilitano l’accoglienza reciproca, l’ascolto e l’aiuto fraterno.

In alcuni seminari tali gruppi sono chiamati “gruppi di comunione” e si rivelano sempre più importanti nella costruzione di rapporti veramente “trinitari” tra i seminaristi e quindi come un prezioso punto di riferimento per il loro futuro.

Un seminarista dopo essere entrato in questa dinamica confessava che prima si incontrava con i suoi compagni per parlare di cose che erano al di fuori della propria vita, mentre in questa nuova esperienza «per la prima volta ho potuto comunicare quello che portavo nascosto dentro di me».

In altri posti i seminaristi hanno proposto ai loro formatori di concedere più tempo per gli incontri di gruppo, perché «ci aiutano a conoscerci ed ad equilibrare meglio la nostra vita».

Ho l’impressione che questi gruppi sono come un’onda rinnovatrice che a poco a poco sta trasformando i singoli e le comunità. Con un effetto molto benefico anche per l’azione pastorale. L’evangelizzazione, soprattutto nelle grandi concentrazioni urbane, è diventata una vera sfida. Tuttavia anche in questi agglomerati che favoriscono l’isolamento, le persone sono sempre più sensibili alla comunione, che costituisce oggi «uno dei segni più eloquenti e una delle vie più efficaci del messaggio evangelico», come afferma la PDV (n. 43).

La vita di famiglia tra i sacerdoti

È interessante costatare che per i seminaristi conoscere o sentir parlare di esperienze di sacerdoti che vivono la spiritualità di comunione – come viene presentata nella NMI – e che la mettono in pratica magari in piccole comunità, è come “acqua” per un “terreno assetato”. Tutti, infatti, anelano ad una vita di famiglia. È questa un’esigenza inscritta nel più profondo di ogni essere umano, là dove abita la Trinità.

Afferma un seminarista, dopo aver trascorso alcuni giorni in una casa dove due sacerdoti cercano di vivere in questo spirito di comunione: «Capisco ora che per me che sono in formazione, questa esperienza è imprescindibile. Desidero conoscerla a fondo e voglio poi fare la mia parte perché si diffonda sempre più tra i futuri sacerdoti».

Oltretutto i candidati al sacerdozio in questo modo ritrovano elementi importanti per il loro equilibrio personale che sono a volte andati perduti in mezzo a situazioni dolorose delle loro famiglie d’origine. «Nella dinamica dell’amore trinitario – ha detto un seminarista alla fine di un corso di esercizi incentrato nella vita di comunione – , è avvenuto l’incontro con me stesso e, di fronte alla comunità, ho manifestato il desiderio di ricominciare, di ricostruire i valori, di creare spazi per il dialogo. Ho chiesto a tutti perdono ed ho domandato che mi aiutassero a crescere».

Esperienze di questo genere si stanno moltiplicando nei seminari. Ed anche la vita di molti sacerdoti testimonia la realtà della Chiesa-famiglia. Avviene così un certo ritorno alla vita delle prime comunità cristiane, dove tutti erano «un cuor solo ed un’anima sola».

Insieme alla scuola di Gesù
come gli apostoli

Quando la comunione diventa categoria formativa, in molti seminaristi nasce un senso della Chiesa più vivo, più sereno, più impegnato nel servizio al popolo e nell’evangelizzazione. Essi sentono allora il desiderio di uno stile di vita semplice, vicino al popolo di Dio, nel quale l’autorità è quella della “lavanda dei piedi”: abbassarsi per amare e includere in questo amore tutti. Avvertono, di conseguenza, l’esigenza di crescere anche nell’unione con Dio, sia personalmente che comunitariamente.

Sono convinto perciò che le varie dimensioni della formazione debbano sempre più convergere verso la comunione quale asse centrale attorno al quale si progetta, si articola, si costruisce ogni cosa.

Questo stile di vita esige, però, un impegno nei confronti dei fratelli come ai tempi di Gesù. Vale la pena ricordare la definizione del seminario data nella PDV: «L’identità profonda del seminario è di essere, a suo modo, una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua parola, in cammino verso l’esperienza della Pasqua, in attesa del dono dello Spirito per la missione» (n. 60).

Ricardo Pinto

 

 

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1)     Documento approvato all’unanimità dalla Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani nell’aprile del 2003. Vedi sito: http://www.cnbb.org.br/documentos.php.