Pastorale vocazionale

Dopo tre anni di lavoro in una parrocchia dove moltissimi giovani venivano alla messa e partecipavano ai gruppi mi è stato chiesto un servizio come viceparroco in un’altra parrocchia, dove alla messa domenicale i giovani si vedevano proprio poco.

Riflettendo su questa situazione insieme al parroco, con cui condividevo la spiritualità dell’unità, ambedue avevamo l’impressione che il nostro primo impegno non era di portare i giovani alla messa. Questo lo poteva fare solo Dio. A noi spettava aprirci, con il massimo rispetto e con amore disinteressato, a tutte le persone che incontravamo.

Il primo anno ho fatto la conoscenza di tanti giovani, sempre fuori della chiesa, durante incontri, giornate ricreative, campeggi... Ho cercato di interessarmi del loro mondo, abbiamo organizzato gite, a volte abbiamo fatto anche delle pazzie, fino a giocare per un’intera notte. Sono nate delle amicizie e con qualcuno una vera confidenza.

Ogni giorno, insieme al parroco, ho affidato questi giovani al Padre. Dopo un anno ci è sembrato che alcuni erano pronti a conoscere Gesù e a sperimentarne la vita. Ma sarebbe stato impossibile farlo conoscere con le parole, perché non erano interessati a sentirne parlare. Ci è venuta allora un’idea: possiamo farlo vedere non attraverso un filmato, ma vivo; non per qualche momento, ma per una settimana intera.

Avevo in programma una settimana di vacanze con l’amico Beda, un sacerdote di un’altra parrocchia, non solo per riposarci e per conoscere un nuovo ambiente, ma prima di tutto per stare insieme da veri fratelli, amandoci come Gesù ci ama. E abbiamo offerto ai giovani la possibilità di stare con noi.

Ne sono venuti 10, ragazzi e ragazze, delle nostre due parrocchie, quasi tutti non praticanti, ma nostri veri amici. Quasi automaticamente hanno cominciato a vivere come noi: l’uno per l’altro e nessuno per se stesso, superando con facilità, quasi senza accorgersene, i propri limiti e i propri gusti. Qualcuno, a cui il calcio non piaceva, ha preso parte al gioco ed è rimasto felice.

Ad un certo punto ognuno era spontaneamente disponibile per l’altro. Ed è avvenuto ciò che avevamo desiderato: hanno potuto vedere, toccare Gesù. È entrato nella loro vita un nuovo personaggio, fino a quel momento totalmente sconosciuto. Un giovane che poche settimane prima affermava di non riuscire ad immaginarsi che Dio potesse esistere, diceva: «Mi sembrava che qualcuno – penso Gesù – si aggiungesse al nostro gruppo dicendo: “Ci sto anch’io nel dare la vita per voi”».

Durante quella settimana è nato un piccolo seme che senz’altro voleva crescere. L’idea di dar vita ad un gruppo giovanile che si incontrasse regolarmente, era per noi sacerdoti attraente, ma non l’abbiamo attuata. Sapevamo infatti che noi non possiamo forzare la crescita del seme; a noi spetta irrigarne il terreno. Sarà Dio a farlo sviluppare.

Ciò significava interessarmi ancor di più di ciascuno personalmente. «Com’è andata quando sei tornato a casa? Hai potuto raccontare qualcosa ai tuoi? Hanno capito? E a scuola? La gioia è rimasta? ...». Telefonate anche di un ora: ascoltare ed ascoltare, senza aspettarmi niente. Sentivo di dover spostare tutte le mie preoccupazioni e idee per potermi interessare solo alla persona che avevo davanti.

Conoscendo così ogni giovane da vicino arrivava l’occasione di poter dire, per esempio, ad Andreas: «Sai che Evelyne sta facendo un’esperienza simile alla tua?». Poi da alcuni di loro si faceva insistente una richiesta: «Sarebbe bello ritrovarci insieme». Così abbiamo cominciato a scambiarci le esperienze fatte dopo un viaggio, una volta, due volte, e senza accorgerci è nato non un gruppo, ma un punto d’incontro regolare con la sfida di continuare nel quotidiano la vita conosciuta nelle vacanze.

Nel corso di due anni, l’amore come ce lo propone Gesù nel Vangelo è diventato sempre più l’ideale e la vita di questi giovani che, con sorpresa, si sono scoperti cristiani vivi, parte della Chiesa. Automaticamente si sono aggiunti altri, compagni di scuola ed amici, portando sempre una nuova ricchezza di idee, dando vita ad iniziative varie non solo per i giovani ma anche per i bambini.

Era affascinante vedere come ciascuno aveva la sua personalità, la sua vita e la sua vocazione. Se Thomas ha trovato presto un rapporto personale con Dio ed ha scoperto la messa, Andreas riusciva a creare dei rapporti bellissimi con tutti, ma non con Dio. Ciascuno aveva la sua bellezza che cercavo di scoprire e di mettere in evidenza. Sono nati così due piccoli gruppi, uno di 5 ragazze ed uno di 4 ragazzi, che sentivano dentro l’esigenza di approfondire maggiormente la vita del Vangelo.

A questo punto i giovani scoprivano la spiritualità dell’unità come una sorgente di luce per andare in profondità e tradurre il Vangelo in vita. Nasceva tra noi una vera comunione. Ogni incontro con tutto il gruppo o solo con qualcuno di esso significava non solo per loro, ma anche per me, una grande gioia, una luce per la mia vita e per le attività in parrocchia. Vedevo fiorire un pezzo di Chiesa viva per la presenza del Risorto tra noi.

In quest’atmosfera o meglio per questa presenza di Gesù in mezzo a noi, i giovani hanno percepito la chiamata di Dio. Così un giovane elettricista s’incammina verso il sacerdozio; una ragazza di 17 anni sente sempre più chiaramente di dover seguire Gesù con radicalità, anche se con una certa trepidazione e timore; un giovane, che aveva iniziato la carriera militare, butta all’aria i suoi progetti, perché capisce che Dio vuole qualcos’altro; uno studente si mette sempre più radicalmente al servizio della parrocchia.

Devo dire che questo cammino con i giovani era per me una continua gradevole sorpresa nel comtemplare il lavoro dello Spirito in loro. E ogni incontro mi arricchiva di qualcosa di nuovo che mi aiutava a seguire Dio con più decisione.

Ruedi Beck