Riforma della scuola
in Italia

L’attuale passaggio dal secondo al terzo millennio è segnato, per varie ragioni, dall’emergenza “formazione”, anche se non tutti la pongono correttamente in evidenza. Tutti i governi sono impegnati a ripensare la fisionomia e l’organizzazione dei sistemi formativi, a studiare forme più efficaci di rapporto tra scuola e lavoro, ad adeguare i programmi di insegnamento e, soprattutto, a sconfiggere le permanenti sacche di analfabetismo, sottoanalfabetismo, marginalità culturale, ad integrare un insufficiente senso della cittadinanza, a rafforzare il reticolato dei valori comuni.

Si tratta di una notevole opera di ripensamento che si svolge all’interno di profondi processi di transizione, quali ad esempio il fenomeno della globalizzazione, che non riveste solo un carattere economico ma coinvolge e condiziona la coscienza e la libertà del soggetto, i processi migratori accompagnati dal forte ritorno dei localismi, le imponenti dimensioni della comunicazione che ci ha ormai introdotti nella “civiltà del telecosmo”.

In questa opera di innovazione, tra i vari documenti orientativi, si colloca il rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale sull’educazione per il XXI secolo (Rapporto Delors), nel quale vengono illustrati i pilastri dell’educazione o meglio alcuni principi guida che intendono ispirare la riorganizzazione dei sistemi formativi dei diversi Paesi.

In tale contesto anche l’Italia ha avviato da alcuni anni un complesso e articolato progetto di riforma dell’intero sistema nazionale di istruzione e di formazione. Siamo ormai giunti alle tappe finali e con il prossimo anno scolastico 2001-2002 inizieranno ad entrare gradualmente in vigore, insieme all’autonomia, anche i nuovi cicli dell’istruzione. Senza addentrarci nei particolari delle leggi già approvate, ci interessa sottolineare che la riforma andrà correttamente in porto se saprà porre effettivamente al centro la crescita globale e la piena valorizzazione della persona, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno, e se i processi formativi saranno fondati su una corretta relazione educativa. Il successo della riforma e gli indispensabili correttivi che vi andranno apportati dipendono dal coinvolgimento dei docenti e dal coraggio di puntare su una riqualificazione della loro professione.

A livello di riflessione pedagogica, vale la pena di sottolineare alcuni orientamenti di fondo, finalizzati a sostenere l’impegno dei cattolici nella scuola. Per una società schiacciata sull’immediatezza, giocata tutta sull’emotivismo dell’istante, occorre attivare una educazione che sia in grado di maturare nelle persone atteggiamenti interiori che sappiano restituire identità e unità alla persona stessa.

Questo esige che l’impegno educativo si configuri come un apprendistato della vita di relazione.

Nell’epoca della realtà virtuale l’impegno educativo, non solo nella scuola, ha una grossa chance: quella del rapporto interpersonale che nessuna rete di internet potrà mai surrogare. Ma questo apprendistato della vita di relazione diventa positivo se viene inscritto non all’interno di una logica utilitaristica o egocentrica, ma di autentica apertura e dialogo reciproco.

Il rapporto interpersonale deve essere esercitato a partire dal primato del noi, a partire dal primato della terza persona. Perché solo a partire da lì si può, nella scuola e anche negli altri ambienti educativi, allenare al tirocinio della gratuità.

Questo primato del noi ha la capacità di far “entrare” nella società, dove a volte domina una logica di interesse, ma anche di “far uscire” dalla società, nel senso di suggerire livelli di gratuità che oltrepassano la società.

Guardando agli esiti e alle prospettive che potranno scaturire dall’attuazione delle riforme, credo valga la pena di sottolineare che la scuola potrà adempiere al suo servizio alla persona, anzitutto ponendosi come spazio di comunicazione interpersonale.

L’educazione infatti – come scrive Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie – «è una comunicazione vitale, che non solo costruisce un rapporto profondo tra educatore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità e all’amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo» (n. 16).

I vescovi italiani seguono con grande attenzione le trasformazioni che interessano le istituzioni scolastiche e formative. Gli organismi della C.E.I. che curano questo ambito, da alcuni anni operano su due versanti: da una parte cercano di aiutare le comunità cristiane a farsi sempre più aperte verso le tematiche della scuola, intesa come un’istituzione avente come fine la promozione e la formazione della persona in quanto tale; dall’altra elaborano progetti specifici e di qualità per sostenere gli educatori e gli operatori scolastici, chiamati oggi a ritrovare le motivazioni profonde del loro impegno responsabile e professionale in un sistema scolastico in radicale trasformazione.

 

Vincenzo Zani

 

 

«Vivere nel concreto
la comunione»

Alla chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani a San Paolo fuori le mura hanno preso parte 22 delegati delle altre Chiese.

Durante la celebrazione liturgica della Parola il Papa, tra l’altro, ha detto: «Nel secondo millennio siamo stati opposti e divisi, ci siamo reciprocamente condannati e combattuti. Dobbiamo dimenticare le ombre e le ferite del passato ed essere protesi verso l’ora di Dio che viene. Purificare la memoria significa anche edificare una spiritualità di comunione, ad immagine della Trinità, che incarna e manifesta l’essenza stessa della Chiesa.

«Dobbiamo vivere nel concreto la comunione che, quantunque non piena, già esiste tra noi. Lasciando alle spalle i malintesi, dobbiamo incontrarci, conoscerci meglio, imparare ad amarci reciprocamente, collaborare fraternamente insieme per quanto ci è possibile fare. Il dialogo della carità, tuttavia, non sarebbe sincero senza il dialogo della verità».

Il metropolita Gennadios, rappresentante del patriarca Bartolomeo I, ha commentato in un’intervista alla Radio vaticana: «Ho ammirato la forza del Papa, il suo coraggio, il suo amore, la sua speranza di realizzare la volontà di Dio».

 

a cura della redazione