Nella pastorale bisogna capire l’altro mettendosi dalla sua parte

 

Prima di tutto curare il rapporto

di Carlo Malavasi

 

L’esperienza delle popolazioni dell’Emilia-Romagna in Italia è stata particolarmente segnata dall’anticlericalismo prima e dal comunismo poi. Attualmente è molto diffuso l’indifferentismo religioso, ma contemporaneamente, soprattutto tra i giovani, c’è la ricerca dei valori. I pastori sono preparati a farli riscoprire in un dialogo aperto e sincero?

Nei mesi scorsi 13 giovani, dai 16 ai 30 anni, si sono rivolti alla nostra parrocchia per chiedere di ricevere il sacramento della cresima.

La tipologia delle persone era molto varia: una diciassettenne in attesa di potersi sposare portava in sé la piccola figlia; lei ha invitato anche sua sorella ed un’amica entrambe di 16 anni. Queste venivano a conclusione della loro giornata di lavoro, spesso della durata di oltre dieci ore, e non avevano ancora fatto cena. Accanto alla giovane mamma sedeva il padre della figlia, pure minorenne.

Facevano parte del gruppo anche due commercialisti, conviventi per necessità, poi una coppia di fidanzati, più un fratello di lui, due giovani donne già sposate religiosamente e un uomo sposato solo nel civile.

Di questi una sola persona si è dichiarata praticante, mentre tutti gli altri, da anni ormai, non avevano alcun rapporto con la Chiesa e due dovevano ancora ricevere la prima comunione.

Una scelta difficile

Cosa fare? Imporre norme o amare per primi? Ho parlato con Bruna, impegnata anch’essa in questa avventura ed abbiamo deciso che dovevamo donare solo l’amore fino a far sperimentare loro la presenza di Gesù tra coloro che si riuniscono nel suo nome.

All’inizio abbiamo provato una sensazione di disagio, perché eravamo come due gruppi che si osservano: loro senza una pur minima preparazione religiosa si sentivano al di là, mentre Bruna ed io eravamo sull’altra sponda. Bisognava colmare il fossato. Ma come? Abbiamo fatto una scelta coraggiosa. Sin dalla prima sera abbiamo detto loro: «La cresima, se la desiderate, è assicurata per tutti: sarete ammessi senza alcuna difficoltà. Farete solo i passi che vi sentirete di fare».

È stata una scelta difficile. Era un rinunciare a fare le cose “per bene”, a richiedere, ad esempio, che iniziassero a partecipare alla messa festiva, che si accostassero al sacramento della riconciliazione e della comunione. Non nascondo che personalmente ho passato momenti di dubbi, mi sembrava quasi di tradire le norme della Chiesa. Poi mi sono superato. Non diceva san Girolamo che preferiva essere giudicato da Dio per aver usato troppa misericordia piuttosto che troppa giustizia?

Per i nostri amici questo gesto di fiducia è stato importante, forse determinante. Si sono sentiti subito accolti con amore da chi rappresentava la Chiesa.

Scoprire i valori nascosti in ognuno

Ben presto si è sviluppato un dialogo a tutto campo, spontaneamente, con scambio di esperienze e di convinzioni umane e religiose. Ognuno manifestava quello che era: la propria storia, le personali convinzioni, le scelte di vita, i desideri da realizzare.

In questo clima di ascolto reciproco venivano alla luce valori nascosti ma molto importanti, come la fedeltà alla parola data, la generosità davanti a chi è nel bisogno, la sincerità. Ogni volta noi mettevamo in rilievo che questi sono valori evangelici e ogni sera vedevamo crescere la loro gioia. Anche noi abbiamo narrato qualcosa della nostra vita, come le esperienze sulla Parola vissuta, i fallimenti e l’impegno quotidiano nel ricominciare, fidandoci dell’amore del Padre.

Questa libertà e questo distacco da quanto avevamo di importante in cuore per donarlo solo al momento opportuno, ci venivano ricambiati con uguale misura. E quando ci è sembrato che loro desiderassero conoscere i tesori della fede, ci siamo sentiti liberi di proporre tutto quello che la Chiesa dice sulla vita cristiana, sui sacramenti, sui valori da vivere nel fidanzamento, ecc.

Avevamo iniziato chiedendo loro in “quale Dio” credevano ed ora potevamo narrare la nostra scoperta di Dio Amore, come mettere in pratica la sua volontà, ascoltando la voce della coscienza, e proporre l’arte di amare che porta all’unità, e tanti altri aspetti del Vangelo. Erano assetati e accoglievano tutto con interesse: assorbivano e gioivano.

Alla fine del corso ho visto qualcosa che mi ha sbalordito: sia chi conviveva sia chi era solo fidanzato, tutti desideravano impegnarsi nel vivere la castità per preparasi bene al matrimonio.

Quanto alla partecipazione alla messa domenicale non solo non avevano nessuna difficoltà, ma sarebbe stato ormai difficile non farlo. E quando abbiamo parlato del sacramento della riconciliazione, ci hanno chiesto di insegnar loro come far bene questo passo, perché o non l’avevano mai fatto o comunque non ne ricordavano nulla. E in prossimità della cresima tutti hanno chiesto un incontro personale per ricevere il sacramento della confessione.

Dio opera nella gioia

In questo clima d’amore vero e disinteressato, ci veniva restituita senza misura la fiducia che avevamo riposto in loro all’inizio.

La sera prima della cresima ciascuno ha voluto ricordare che cosa erano stati i nostri incontri nei quattro mesi di preparazione. Il commercialista: «Questa era la mia ora di oasi settimanale dopo la fatica del lavoro». La sua fidanzata affermava: «Qui ho trovato sempre Gesù». Ognuno diceva la propria gioia. Ci narravano quanto fossero cambiati i rapporti fra i fidanzati o con il coniuge o con i genitori e con i colleghi sul posto di lavoro.

Quando il sacerdote ha iniziato a narrare la sua esperienza di questo corso dicendo: «Per amarvi, ho rinunciato a tutto, ad ogni sicurezza, per mettermi dalla vostra parte», era interrotto dai presenti che, quasi in coro, dicevano: «Ed ora noi tutti siamo dalla tua parte».

Siamo stupiti di come si sentono persone nuove, forse fatte nuove da un amore che non giudica, cerca di ascoltare e sa “perdere” anche il tempo. Ma anche noi ci sentiamo nuovi.

 

Carlo Malavasi