Dal sogno
dell’idealogia comunista
al servizio concreto come
diacono nella Chiesa
Roberto Porrati,
Diacono
nella diocesi di Torino
Io
ero un dirigente del Partito comunista. Avevo fatto dell’impegno politico una professione,
perché volevo darmi anima e corpo alla soluzione dei problemi sociali. A 42
anni ero al culmine della mia carriera: presidente della “Cooperativa Di
Vittorio”, che avevo fondato, con 10.000 soci e 3.000 alloggi realizzati.
Nell’aprile
dell’87 prendo coscienza che le idee in cui avevo
tanto creduto non hanno futuro. Arrivato a casa mi accascio sul divano e li mi trova mia moglie rientrando. Mi chiede cosa sia
successo. Le rispondo che devo verificare tutti i valori della mia vita.
La
vicinanza di mia moglie mi conforta. Attraverso un confronto continuo e serrato
con lei mi rendo conto che ho maturato il desiderio di sposarmi in chiesa, ma
non ho il coraggio di dirglielo. È lei stessa a propormelo. Ci sposiamo in
chiesa e mia figlia Desi, contemporaneamente, chiede di battezzarsi.
In
parrocchia sboccia la mia vocazione diaconale. In questo periodo l’incaricato
diocesano per la formazione dei diaconi, don Vincenzo Chiarle,
ci aiuta nel conoscere e nel vivere la spiritualità dell’unità.
All’inizio
sembra tutto facile, ma arriva il tempo della prova. Sia mia moglie che io perdiamo il lavoro. Muore mio padre e poco dopo mia madre.
Ci affidiamo a Dio, non in modo fatalistico, ma facendo la nostra parte.Improvvisamente
ritroviamo entrambi il lavoro e un buon lavoro.
Ordinato
diacono mi rendo conto che la mia conversione è
cominciata davvero, perché Dio mi apre non più soltanto ad un nuovo rapporto di
coppia e di famiglia, ma a tutta la comunità ecclesiale. Anche i vecchi ideali di migliorare l’umanità, che sembravano spenti, rifioriscono in
maniera tutta nuova: non più basati sulla lotta di classe, ma sulla fratellanza
universale.