Manuel M. Bru (Spagna)

 

Il mio segreto è la comunione  

Alla luce dell’esperienza dei miei diciassette anni di sacerdozio, ho capito che la vocazione non è una conquista ma una grazia: non si basa nella solitudine e nella rinuncia, e ancor meno nella rinuncia a formare una famiglia. In questi anni, dapprima in parrocchia e poi nella pastorale dei media, mi sono reso conto che il grande nemico del sacerdote non è tanto la cultura secolarizzata, ma la solitudine, accresciuta, almeno in Spagna, da una certa emarginazione sociale e culturale; siamo guardati come esseri strani. Ma queste difficoltà evaporano quando troviamo, nonostante i nostri limiti, la forza di una comunione reale, non teorica. Un’esperienza questa che supera ogni altro affetto umano.

Ad altri sacerdoti, questa “forza” arriva da varie fonti. A me, come a tanti altri, è arrivata attraverso l’appartenenza ad un Movimento ecclesiale la cui spiritualità è quella “spiritualità di comunione” propostaci da Giovanni Paolo II. Nel Movimento dei Focolari ho imparato che la nostra specificità non è di “non aver famiglia”, ma di vivere la famiglia, reale e concreta, tra sacerdoti e laici, dove la confidenza mutua è totale.

Ricordo un giorno dei miei primi anni di ministero. All’uscita del collegio, dove insegnavo religione, un giovane mi aveva offeso duramente nella strada davanti ai genitori e agli allievi. Arrivato a casa, ero a terra. Mai avevo pensato che la ricompensa per il mio donarmi potesse essere questa. Rendendomi conto che cominciavo ad andare in crisi, ho deciso di non aspettare che tornassero a casa i sacerdoti del Movimento con cui vivevo. Sapevo che erano impegnati in una celebrazione al centro città, e sono andato incontro a loro. Ho raccontato tutto piangendo. Prima ancora che loro dicessero qualcosa, bastò il loro sguardo per allontanare da me ogni tristezza o dubbio. Ritornammo a casa gioiosi, perché la nostra unità era più forte di qualunque altro problema. Con una vita così, essere sacerdote vale la pena.

Al ritorno dalla Scuola sacerdotale di Loppiano, che ha segnato per sempre la mia personalità, il vescovo mi ha chiesto di studiare giornalismo e dopo mi ha nominato responsabile della pastorale dei media in diocesi. Tutti i giorni ho l’opportunità di vivere concretamente la comunione diocesana: amando ogni iniziativa, ogni vocazione, ogni carisma, ogni persona e ogni comunità, e diffondendo attraverso i giornali, la radio, l’internet e la televisione, i doni di Dio nella sua Chiesa. Ho l’opportunità di dialogare con il mondo della comunicazione e della cultura, molto secolarizzato ma molto sensibile ai gesti di ascolto, di incoraggiamento e di accompagnamento. E, infine, in questi anni ho imparato ad essere sacerdote tra i giovani giornalisti, formando con loro un gruppo animato dalla spiritualità dell’unità, dove apprendiamo insieme che il segreto della comunicazione è la comunione, perché, se la gente va incontro ai media, è soprattutto perché vuole sentirsi inserita nella società e, in definitiva, perché desidera amare ed essere amata.

Vivo tutto questo nella gioia. Qual è il segreto? L’unità con i sacerdoti e i laici del Movimento nella Spagna: è questa la fonte attraverso la quale Gesù vuole che mi riempia di Lui.